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Antibioticoresistenza. Ema, Ecdc ed Efsa: in Europa emergenza in calo grazie a riduzione consumo. Italia in media su quelli per l’uomo mentre rimane alto l’uso negli animali

23 febbraio - I paesi che hanno ridotto il consumo di antibiotici sia negli animali che negli esseri umani hanno visto una riduzione dei batteri resistenti agli antibiotici. Lo afferma il quarto rapporto congiunto sull’analisi integrata del consumo di agenti antimicrobici e della comparsa di resistenza antimicrobica (Amr) nei batteri provenienti da esseri umani e animali da produzione alimentare realizzato da Ecdc, Efsa e Ema. IL RAPPORTO

Il fenomeno legato all’antibioticoresistenza sta diventando meno importante grazie alla riduzione del consumo di antibiotici. Questo quanto emerso dal rapporto congiunto sull’analisi integrata del consumo di agenti antimicrobici e della comparsa di resistenza antimicrobica (Amr) nei batteri provenienti da esseri umani e animali da produzione alimentare, pubblicato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e l’Agenzia europea per i medicinali (Ema).

Adottando un approccio One Health, che riconosce la connessione tra la salute delle persone e degli animali, il rapporto presenta dati raccolti principalmente tra il 2019 e il 2021 sul consumo di antibiotici e sulla resistenza antimicrobica in Europa. Per la prima volta nell’ambito di questo progetto, le tre agenzie hanno analizzato le tendenze del consumo di antimicrobici e della resistenza antimicrobica nell’Escherichia coli (E. coli) sia negli esseri umani che negli animali destinati alla produzione alimentare. Hanno anche esaminato come queste tendenze stavano cambiando negli esseri umani e negli animali da produzione alimentare nel periodo 2014-2021. Ad esempio, durante questo periodo, il consumo di antibiotici negli animali da produzione alimentare è diminuito del 44%.

Dall’analisi effettuata dalle tre agenzie è emerso che i batteri E. coli sia negli animali che nell’uomo stanno diventando meno resistenti agli antibiotici poiché il consumo complessivo di antibiotici è ridotto. Ciò dimostra che le preoccupanti tendenze relative alla resistenza agli antibiotici possono essere invertite con azioni e politiche giuste.

In Italia si registrava un consumo di antibiotici per uso umano in linea con la media UE (129,4), di contro però, si ha il terzo dato peggiore di tutto il continente per consumo di antibiotici per animali destinati alla produzione alimentare (173,5).

“Maggiori sforzi per ridurre il consumo non necessario di antibiotici sono fondamentali per affrontare la minaccia per la salute pubblica rappresentata dalla resistenza antimicrobica. Inoltre, il rafforzamento dei programmi di immunizzazione e il miglioramento delle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni nelle comunità e nelle strutture sanitarie sono essenziali per ridurre il fabbisogno di antibiotici”, afferma Andrea Ammon, direttore dell’Ecdc.

“Utilizzare meno antibiotici nella produzione animale dà i suoi frutti: nella maggior parte dei paesi che hanno ridotto l’uso di antibiotici, abbiamo osservato una corrispondente diminuzione dei livelli di resistenza. Ciò significa che gli sforzi nazionali funzionano. Ciò evidenzia inoltre l’impegno dell’UE nell’approccio One Health, salvaguardando sia gli animali che salute pubblica globale”, ha dichiarato Bernhard Url, direttore esecutivo dell’Efsa.

“L’accesso a dati affidabili sul consumo e sulla resistenza delle persone e degli animali fa davvero la differenza nella lotta contro la resistenza antimicrobica. Attraverso progetti congiunti come Jiacra, i paesi europei ottengono preziose informazioni sull’impatto delle misure che adottano. Ciò consente loro di intraprendere ulteriori azioni per promuovere l’uso prudente degli antibiotici”, afferma Emer Cooke, direttore esecutivo dell’Ema.

Il rapporto mostra anche che, negli esseri umani, l’uso di importanti gruppi di antibiotici, come i carbapenemi, le cefalosporine di 3a e 4a generazione e i chinoloni, è associato alla resistenza a questi antibiotici nell’E. coli umano. Allo stesso modo, l’uso di chinoloni, polimixine, aminopenicilline e tetracicline negli animali destinati alla produzione alimentare è associato alla resistenza a questi antibiotici riscontrata nei batteri E. coli negli animali destinati alla produzione alimentare.

Inoltre, la resistenza batterica negli esseri umani può essere collegata alla resistenza batterica negli animali destinati alla produzione alimentare. Due esempi evidenziati dal rapporto sono il Campylobacter jejuni e il Campylobacter coli, che possono essere presenti negli animali destinati alla produzione alimentare e possono diffondersi alle persone attraverso il cibo.

Per la prima volta, il codice statistico utilizzato per eseguire queste analisi viene reso pubblico insieme al rapporto, incoraggiando ulteriori analisi da parte di ricercatori e altri esperti interessati.

La resistenza antimicrobica rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica e animale. Si stima che, ogni anno, la resistenza antimicrobica provochi la morte di oltre 35.000 persone nell’Unione europea e nello Spazio economico europeo (UE/SEE) e comporti un onere significativo sui sistemi sanitari europei, con un costo approssimativo di 11,7 miliardi di euro al mese. anno, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). L’approccio One Health implementato attraverso la cooperazione di Ecdc, Efsa ed Ema e i risultati presentati in questo rapporto richiedono:
- sforzi continui per contrastare la resistenza antimicrobica a livello nazionale, dell’UE e globale nei settori degli animali destinati all’uomo e alla produzione alimentare;
- sorveglianza armonizzata del consumo di antimicrobici e della resistenza antimicrobica nei settori umano e animale;
- studi mirati per comprendere meglio la diffusione della resistenza antimicrobica.

 

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