Sepsi causa ogni anno 11 milioni di morti nel mondo. In Italia oltre 49mila nel 2015
16 settembre - La sepsi è la grave complicanza di un’infezione, che danneggia tessuti e organi e che può portare a shock, insufficienza multiorgano e morte. In Italia, il numero di certificati di morte che hanno riportato sepsi è aumentato da 18.939 nel 2003 a 49.010 nel 2015 (dal 3 all’8% di tutti i decessi in Italia registrati in questi anni). “La sepsi rappresenta, quindi, non solo una sfida clinica, ma anche un importante problema di salute pubblica”, sottolinea il ministero in occasione del World Sepsis Day.
Ogni anno, in tutto il mondo, il 13 settembre viene celebrata la Giornata mondiale per la lotta alla sepsi World Sepsis Day. L’iniziativa globale, giunta alla sua decima edizione, mira ad accrescere la consapevolezza pubblica su questo tema, per migliorare la prevenzione, il riconoscimento e la gestione clinica della sepsi, in particolare nei Paesi in via di sviluppo (Low-to-Middle-Income Country, LMIC), ma anche nel nostro Paese. Anche quest’anno, dunque, il ministero della Salute rinnova il proprio impegno nel sostenere la campagna promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
“La sepsi - spiega il ministero della Salute nella pagina creata per celebrare la Giornata - è la grave complicanza di un’infezione, che danneggia tessuti e organi compromettendone il funzionamento e che può portare a shock, insufficienza multiorgano e morte, soprattutto se non riconosciuta e non trattata prontamente”.
I dati diffusi dal ministero spiegano che nel mondo sono circa 47-50 milioni i casi di sepsi, che si verificano ogni anno nel mondo, l’80% dei quali avvengono in comunità. Nel 40% dei casi si tratta di bambini di età inferiore ai 5 anni. In Europa si registrano circa 700mila casi di sepsi. Globalmente, 1 decesso su 5 è associato a sepsi, per un totale di almeno 11 milioni di decessi l’anno. Inoltre la letteratura scientifica dimostra che gli effetti a lungo termine della sepsi, noti come sindrome post-sepsi, si verificano fino al 50% dei sopravvissuti, i quali soffrono di sequele fisiche, cognitive e psicologiche persistenti. Il recupero può richiedere mesi o anni.
In Italia, il numero di certificati di morte che hanno riportato sepsi è aumentato da 18.939 nel 2003 a 49.010 nel 2015 (dal 3 all’8% di tutti i decessi in Italia registrati in questi anni). “La sepsi rappresenta, quindi, non solo una sfida clinica, ma anche un importante problema di salute pubblica”, sottolinea il ministero.
Nella nota si sottolinea, infine, come Le grandi disuguaglianze sanitarie e la relativa attenzione prestata alla sepsi siano state aggravate dalla pandemia di Covid-19: “Per questo, diverse società e iniziative internazionali, come le risoluzioni WHA (World Health Assembly) più recenti, The European Society of Intensive Care Medicine (ESICM), The Global Sepsis Alliance (GSA) e The Society of Critical Care Medicine (SCCM), sottolineano la necessità di mantenere l’attenzione sulle misure di prevenzione delle infezioni e di utilizzare le piattaforme digitali di successo istituite con la pandemia Covid-19 per sostenere la lotta alla sepsi”.