Nel 2015-2022 le retribuzioni dei medici nel Ssn hanno subito un taglio in termini reali del 6,1%. Tre italiani su quattro costretti a rivolgersi alla sanità privata causa liste d’attesa. Il rapporto Censis
6 dicembre – Nel periodo 2015-2022 le retribuzioni dei medici nel Servizio sanitario nazionale hanno subito un taglio in termini reali del 6,1%. Non sorprende, quindi, che l’87,2% degli italiani ritenga una priorità migliorare le retribuzioni e le condizioni di lavoro dei medici, considerati la risorsa più importante della sanità. Il 92,5% considera prioritario assumere nuovi medici e infermieri.
Dal 2013 al 2023 la spesa sanitaria privata pro-capite è cresciuta in termini reali del 23,0%, invece quella pubblica dell’11,3%. Nel periodo 2015-2022 le retribuzioni dei medici nel Servizio sanitario nazionale hanno subito un taglio in termini reali del 6,1%. Non sorprende, quindi, che l’87,2% degli italiani ritenga una priorità migliorare le retribuzioni e le condizioni di lavoro dei medici, considerati la risorsa più importante della sanità. Il 92,5% considera prioritario assumere nuovi medici e infermieri. L’83,6%, dopo la traumatica esperienza dell’emergenza Covid, che ha visto la sanità impreparata ad affrontare il picco di domanda di prestazioni sanitarie, si aspettava investimenti massicci e un più intenso impegno per potenziare il sistema sanitario.
Questo quanto emerge nel capitolo "Il sistema di welfare" del 58° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
Il rischio di dover vivere senza welfare. È diffusa la percezione che il livello di copertura del welfare pubblico si sia drasticamente ridotto nel tempo: un cambiamento epocale rispetto alle generazioni precedenti. Attualmente il giudizio prevalente è che il sistema di tutele pubbliche si limiti alle prestazioni essenziali, mentre per il resto si paga direttamente di tasca propria: lo pensa il 50,4% degli italiani. Il 49,4% è convinto che occorra ricorrere a strumenti di autotutela, come polizze assicurative e fondi integrativi. E il 61,9% pensa che sia più importante usare i risparmi per proteggersi dai rischi sociali come sanità, vecchiaia e inabilità, piuttosto che per ottenere alti rendimenti da investimenti finanziari. Da strumento di copertura dai grandi rischi sociali e fonte di sollievo per le famiglie, il welfare pubblico si tramuta in un costo che grava sui budget familiari. Per il 65,9% degli italiani le spese di welfare pesano molto o abbastanza sul bilancio della propria famiglia.
Odissee sanitarie. Negli ultimi 24 mesi il 44,5% degli italiani ha sperimentato, direttamente o indirettamente tramite i propri familiari, il sovraffollamento nelle corsie di ospedale o in altri servizi sanitari. Ogni 100 tentativi di prenotare prestazioni nel Servizio sanitario, il 34,9% degli italiani finisce poi nella sanità a pagamento, cioè in intramoenia o nel privato puro, con il pagamento per intero in capo ai cittadini. È la lunghezza delle liste di attesa che spinge a cercare soluzioni a pagamento. Lo switch nell’intramoenia o nel privato puro riguarda tanto il 37,1% delle persone con redditi medio-alti, quanto il 32,0% di quelle con redditi bassi.
Lo sforzo economico per acquistare prestazioni sanitarie coinvolge anche i livelli di reddito inferiori, dunque, ed è alto il rischio di una sanità per censo, visto che i benestanti possono ricorrere alla sanità a pagamento con maggiore facilità. Così, l’84,2% degli italiani è convinto che i benestanti possano curarsi prima e meglio dei meno abbienti. Il 36,9% degli italiani in effetti ha dovuto tagliare altre spese per finanziare le proprie spese sanitarie, quota che sale al 50,4% tra le persone con redditi bassi e scende al 22,6% tra quelle con redditi alti. Le odisse sanitarie indotte dalle difficoltà di accesso al Servizio sanitario hanno implicazioni più generali sulla psicologia collettiva. Il 63,4% degli italiani dichiara di provare sfiducia nel Servizio sanitario, perché teme di non poter contare su soluzioni appropriate, mentre solo il 27,9% ha fiducia e si sente con le spalle coperte.