Pma. In GU le nuove linee guida sulla legge 40. Sì all’impianto dell’embrione anche dopo separazione o morte del partner
10 maggio - Il testo licenziato dal ministero della Salute entra ora in vigore con il recepimento delle novità scientifiche, tecniche e normative relative alla Procreazione medialmente assistita, con l'obiettivo di “fornire chiare indicazioni agli operatori delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di PMA affinché sia assicurato il pieno rispetto di quanto dettato dalla legge”.
Pubblicate in Gazzetta Ufficiale le nuove linee guida sulla legge 40/2004 che in Italia regola la procreazione medicalmente assistita (PMA). Il testo che sostituisce quello del 2015, emanato dall’allora ministro Lorenzin, ha lo scopo di “fornire chiare indicazioni agli operatori delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita affinché sia assicurato il pieno rispetto di quanto dettato dalla legge”.
La legge stessa prevede, all’articolo 7, che il ministro della Salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità e previo parere del Consiglio Superiore di Sanità, definisca, con proprio decreto, le linee guida contenenti l’indicazione delle procedure e delle tecniche di PMA e che le medesime vengano aggiornate periodicamente, almeno ogni tre anni, in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica. Il testo arriva dunque in ritardo di circa 6 anni e contiene molte novità che derivano in gran parte da sentenze della Corte Costituzionale e da direttive europee in materia.
E proprio in riferimento agli avanzamenti non solo medici, ma anche normativi, intervenuti in questi 9 anni, il testo cita fra le altre novità da considerare nell’indirizzare la guida della materia “la direttiva 2004/23/CE per quanto riguarda le prescrizioni tecniche per la donazione, l’approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule umani”, così come “la sentenza della Corte Costituzionale 161/2023 con la quale sono state rigettate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal tribunale di Roma in punto di revoca del consenso prestato alla PMA”, in particolare nei casi di separazione o decesso del partner maschile, o ancora la sentenza della Corte Costituzionale 229/2015, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della parte della legge 40 in cui si contempla come ipotesi di reato la condotta di selezione degli embrioni anche nei casi in cui questa sia esclusivamente finalizzata ad evitare l’impianto nell’utero della donna di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili” e quella della successiva sentenza 96/2015 “in cui non si consente il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili”. Si ribadisce naturalmente anche la cancellazione di altri divieti come quello di fecondazione eterologa sancito dalla Consulta nel 2014 e il numero massimo di tre embrioni da creare e trasferire in un unico e contemporaneo impianto.
Vengono prese in considerazione le previsioni contenute relative a:
- il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (articolo 4);
- la gradualità nel ricorso alle tecniche (articolo 4);
- il consenso informato da parte di coloro che si sottopongono alle tecniche stesse (articolo 6);
- l’accertamento dei requisiti previsti per le coppie alle quali si applicano le tecniche di procreazione medicalmente assistita (articolo 12);
- le disposizioni concernenti la sperimentazione sugli embrioni umani (articolo 13) in accordo alle modifiche introdotte dalla sentenza della Corte Costituzionale 229/2015, e tenendo conto dei principi espressi dalla pronuncia della Corte Costituzionale 84/2016;
- i limiti all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita sugli embrioni, anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 151/2009 (articolo 14);
- le modifiche relative al ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo (con donazione di gameti) introdotte dalla sentenza della Corte Costituzionale 162/2014 (articoli 4, 9 e 12);
- le modifiche relative al ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili introdotte dalla sentenza della Corte Costituzionale 96/2015 (articoli 1 commi 1 e 2, e articolo 4, comma 1);
- le modifiche relative all’abolizione come ipotesi di reato per la condotta di selezione degli embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili introdotte dalla sentenza della Corte Costituzionale 229/2015 (articolo13, commi 3, lettera b), e 4);
- la preservazione della fertilità relativamente a patologie o terapie che pongono a rischio di un esaurimento funzionale delle gonadi.
“Il principio seguito nella stesura di queste linee guida – recita il testo – è quello di utilizzare in prima istanza le opzioni terapeutiche più semplici, meno invasive e meno onerose, tenendo in debito conto l’età e la riserva ovarica della donna, il tempo di ricerca della gravidanza e la causa, quando nota, dell’infertilità/sterilità di coppia, identificata dagli specialisti di medicina della riproduzione”.
Per questo motivo vengono passate in rassegna tutte le tecniche e il profilo delle coppie per cui sono consigliate, dall’inseminazione intrauterina alla Fivet, fino ai test genetici sui componenti della coppia così come sull’embrione (Test genetico preimpianto – PGT) che rappresentano una novità rispetto alla versione precedente, insieme alla previsione della possibilità di procedere con la preservazione della fertilità per ragioni mediche. Le linee guida definiscono anche “auspicabile la preservazione della fertilità con crioconservazione preventiva dei gameti nelle persone sane, con familiarità e/o portatrici di mutazioni geniche predisponenti patologie mediche e/o neoplastiche con possibile compromissione della propria fertilità”.
Fra gli altri nuovi punti inseriti, le linee guida prevedono che “ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di PMA, devono essere esplicitate, con chiarezza e per iscritto, le conseguenze giuridiche di cui all’articolo 8 e all’articolo 9 della Legge 40/2004. Con le medesime modalità deve essere rappresentato che, dopo la fecondazione assistita dell’ovulo, il consenso alla P.M.A. non può essere revocato e la donna può richiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner sia deceduto (Cass., 15 maggio 2019, n. 13000) ovvero sia cessato il loro rapporto (Corte cost., n. 161/2023)”.
Ancora, “la consulenza psicologica è raccomandata per tutte le coppie che accedono ai trattamenti di PMA ed è consigliata a tutti i centri specializzati “un’attenta valutazione clinica del profilo della donna e degli eventuali rischi nella evoluzione della gravidanza in particolare del rapporto rischi-benefici con specifico riferimento alle complicanze ostetriche (incluse le gravidanze multiple), alle potenziali ricadute neonatologiche e ai potenziali rischi per la salute della donna. Si devono tenere in considerazione il rischio diabetologico, eventuali patologie autoimmuni e/o genetiche, il peso corporeo della donna che dovrà sottoporsi a tecniche di PMA e in particolare il suo body mass index (BMI), perché un BMI sopra il valore di 30 comporta maggiori rischi chirurgici, anestesiologici, una riduzione della possibilità di ottenere una gravidanza e un aumento del rischio di aborto nonché di complicanze materno-fetali. Al riguardo, come previsto all’art. 6, comma 4 della legge n. 40/2004, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla PMA esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario. In tale caso deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione. Il percorso e la durata degli accertamenti devono tenere conto dei desideri della coppia, dell’età e della riserva ovarica della donna e dell’età del partner, della durata dell’infertilità/sterilità e dei dati personali emersi dalla valutazione specialistica”.