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Malattia non diagnosticata nella Repubblica Democratica del Congo. Iss: “Ecco cosa sapere”

20 dicembre - Secondo l’ultimo bollettino dell’Oms, il rischio di diffusione è alto per le comunità colpite. A livello nazionale, nella Repubblica Democratica del Congo,  il rischio è invece considerato moderato, infatti sebbene il focolaio sia attualmente localizzato in una  zona molto remota, non si può escludere il potenziale per una diffusione alle zone limitrofe. A livello regionale (si intende regione africana per Oms), europeo e globale il rischio è al momento ritenuto basso.

L’Istituto superiore di sanità torna a fare il punto con la malattia che ha dato origine ad un’epidemia nella Repubblica Democratica del Congo alla luce dei casi sospetti registratisi in Italia nei giorni scorsi.

Che cosa sappiamo a livello internazionale sulla malattia non ancora diagnosticata in Congo?
Tra il 24 ottobre e il 12 dicembre nella zona di Panzi, nella provincia di Kwango, in Repubblica Democratica del Congo (RDC), sono stati registrati 527 casi di una malattia ancora non diagnosticata con sintomatologia che include febbre, mal di testa, tosse, rinorrea (naso che cola) e dolori muscolari. Dai dati riportati dall’Oms, tutti i casi gravi sono stati registrati in persone con grave malnutrizione e la maggior parte dei casi si è verificata in bambini, in particolare sotto i cinque anni di età. Ad oggi l’Africa CDC riporta 32 persone decedute. I sintomi principali associati alla malattia consistono in: febbre, difficoltà respiratorie, anemia, e segni di malnutrizione acuta (la zona è colpita da una grave crisi alimentare). L’area è rurale e situata in una zona remota e difficilmente raggiungibile, a circa 48 ore di distanza dalla capitale Kinshasa.

L’accesso all’area interessata è reso ulteriormente difficoltoso dalla stagione delle piogge attualmente in corso. Questo, insieme alla limitata capacità diagnostica nel paese, alla scarsa copertura vaccinale e al limitato accesso a farmaci e dispositivi di protezione, sta ritardando l’identificazione della causa ed il controllo del focolaio. (Qui l’ultimo bollettino dell’Oms sull’argomento). Dalle prime analisi effettuate dal team di specialisti dell’Oms e dell’Africa CDC, dieci dei dodici campioni testati sono risultati positivi per la malaria, una circostanza attesa data la zona in cui si è verificato il focolaio. È possibile che all’origine del focolaio epidemico siano coinvolti più agenti infettivi comuni che si inseriscono in un contesto in cui sono presenti malaria, malnutrizione e scarso accesso a presidi assistenziali e a farmaci. Secondo le autorità sanitarie della RDC a provocare il focolaio potrebbe essere stata una forma grave di malaria, ma l’Oms non ha ancora tratto conclusioni dalle analisi in corso.

Quali sono gli interventi in atto nella zona?
L’Oms ha inviato sul posto un team di risposta rapida per identificare le cause del focolaio e rafforzare la risposta. Dato il quadro clinico dei casi e i sintomi riportati, tra le ipotesi considerate al momento come causa della malattia figurano polmonite acuta, influenza, Covid-19, morbillo e malaria, con la malnutrizione come fattore concomitante. Sono in corso test di laboratorio per identificare la causa, ma al momento non è escluso che più di una patologia stia contribuendo ai casi e ai decessi.

Qual è il rischio di diffusione?
Secondo l’ultimo bollettino dell’Oms, il rischio di diffusione è alto per le comunità colpite. A livello nazionale, nella Repubblica Democratica del Congo, il rischio è invece considerato moderato, infatti sebbene il focolaio sia attualmente localizzato in una zona molto remota, non si può escludere il potenziale per una diffusione alle zone limitrofe. A livello della regione africana Oms, europeo e globale il rischio è al momento ritenuto basso.

I campioni di un paziente con febbre rientrato dal Congo sono stati inviati all’ISS: che cosa è successo?
L’Italia ha innalzato i livelli di attenzione ai punti di ingresso portuali e aereoportuali sulle persone provenienti dalla RDC, ed è stato istituito in via del tutto precauzionale un team di coordinamento tra il Ministero della Salute e l’Iss allo scopo di monitorare la situazione e predisporre eventuali interventi. Tutte le misure sono state prese a scopo precauzionale, e non esiste al momento nessuna indicazione sulla presenza di casi associabile a questo focolaio sul territorio italiano.

Sempre a scopo precauzionale sono stati segnalati dalle autorità sanitarie locali due casi di pazienti provenienti dalla RDC con sintomi simili a quelli descritti nel focolaio di Panzi, che ricordiamo essere in gran parte sovrapponibili a quelli di una sindrome simil influenzale.

Il primo paziente, è stato ricoverato dal 22 novembre presso l’Ospedale San Luca di Lucca di rientro dalla RDC, dove risiedeva in una zona lontana dal focolaio epidemico. Il paziente presentava una sintomatologia simile a quella descritta nel Paese africano, ed è stato dimesso il 3 dicembre perché guarito. A scopo precauzionale, alcuni campioni di siero e di sangue prelevati durante il ricovero e dopo la guarigione sono stati inviati all’Iss per le analisi.

Una seconda paziente di rientro dalla RDC dove aveva soggiornato, anche in questo caso, lontano dal luogo del focolaio, era stata ricoverata con febbre presso l’Azienda Ospedaliera di Cosenza a fine novembre. La donna è perfettamente guarita in pochi giorni, e gli esperti Iss hanno suggerito alla struttura ospedaliera di conservare un campione di sangue per eventuali controlli futuri da effettuare una volta individuata una possibile causa del focolaio di Panzi. Un ulteriore caso sospetto è stato segnalato in una persona deceduta in provincia di Treviso che aveva viaggiato in RDC, ma secondo i test effettuati dall’Istituto Lazzaro Spallanzani, la causa del decesso è riconducibile ad una forma grave di malaria.


Qual è l’esito delle analisi sul paziente di Lucca?
I test molecolari finora effettuati sui campioni prelevati dal paziente ricoverato a Lucca, di rientro dalla RDC, sono risultati negativi per i seguenti patogeni: Arbovirus (Alphavirus, Flavivirus, Rift Valley virus), Lassa virus, virus respiratori (influenza A, influenza B, SARS-CoV-2, rhinovirus, coronavirus NL63, 229E, OC43 e HKU1, parainfluenza virus 1, 2, 3 e 4, metapneumovirus A/B, bocavirus, RSV A/B, adenovirus, parechovirus), Borrelia spp (Lyme group), Borrelia recurrentis LBRF (Louse borne relapsing fever), Borrelia duttoni TBRF (Tick borne relapsing fever), Borrelia TBRF group, Bartonella spp, Erlichia spp, Rickettsia spp, virus del morbillo, Plasmodium spp.

Si sottolinea la negatività dei test effettuati su campioni prelevati a distanza dall’inizio dei sintomi, insorti mentre il paziente era in RDC, e dopo la guarigione, non esclude il fatto che la sintomatologia riportata possa essere stata correlata all’infezione causata da uno dei patogeni suddetti. Sono tuttavia ancora in corso le analisi metagenomiche per ulteriori verifiche.

 

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