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Liste d’attesa. Corte dei Conti: “Tra il 2020 e il 2024 investiti oltre 2 mld per abbatterle. Ma loro utilizzo appare esiguo”. Riscontrate difficoltà nel coordinamento e monitoraggio

22 novembre - I dati trasmessi, infatti, da Regioni e Province autonome risultano spesso parziali e disomogenei e, dunque, non confrontabili fra loro per le diverse metodologie applicate alle stime dei ricoveri e delle prestazioni non erogate, con informazioni che non forniscono sempre quadri aggiornati e completi. Non risulta, inoltre, un meccanismo di acquisizione dati che consenta di valutare l’effettiva applicazione da parte dei soggetti attuatori delle misure previste in materia. LA DELIBERA

Il controllo sull’attuazione delle misure assunte durante l’emergenza pandemica, con oltre 2 miliardi di euro stanziati per la riduzione delle liste d’attesa tra il 2020 e il 2024, ha evidenziato criticità nella metodologia adottata, basata su dati autocertificati da parte di Regioni e Province autonome che appaiono non omogenei, stante il mancato utilizzo di flussi informativi nazionali e di sistemi informativi strutturati, allo stato non disponibili.

Questo quanto emerge dall’analisi sulla Riduzione delle liste di attesa relative alle prestazioni sanitarie non erogate nel periodo di emergenza epidemiologica da covid-19 che la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti ha approvato con Delibera n. 90/2024/G, esaminando l’adeguatezza dell’azione amministrativa posta in essere dal Ministero della Salute, in attuazione delle norme sul recupero delle liste di attesa per le prestazioni non rese a seguito della pandemia.

Ancor prima dell’evenienza della crisi pandemica, per cercare di superare la problematica relativa alle liste di attesa, venivano adottati nel corso del tempo una serie di strumenti programmatori tra i quali si annovera il Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021, attualmente vigente, e veniva costituito e poi rinnovato il relativo Osservatorio con compiti di monitoraggio.

“Da questi monitoraggi emerge una notevole discrasia temporale in ordine alla disponibilità di dati aggiornati relativi all’inclusione di tutte le agende nei sistemi CUP, e le risposte pervenute in modo parziale e disomogeneo da parte delle Regioni e delle Province autonome, non sono state in grado di fornire un quadro aggiornato e completo”, spiega la Corte dei Conti.

“Relativamente agli stanziamenti 2019, 2020, 2021 della normativa pre-Covid di cui all’art. 1, comma 510, della legge 145/2018 allocati nell’apposito Capitolo 7114, va evidenziato che la relativa assegnazione veniva subordinata alla presentazione di un apposito Piano per il recupero delle liste di attesa. Riferisce il Ministero della salute che tutte le Regioni e le Province autonome hanno ottemperato formalizzando un piano operativo di recupero. Il monitoraggio, condotto in collaborazione con Agenas sull’effettiva attuazione, rileva che i dati raccolti non sono confrontabili a causa di alcune incoerenze dovute alle diverse metodologie applicate alle stime dei ricoveri e delle prestazioni ambulatoriali perse nell’anno 2020 e alla quantificazione del recupero che appare basata su metodi di calcolo differenti”, si sottolinea nell’analisi.

Con ciò mettendo in rilievo che, a fronte di puntuali esigenze di coordinamento, verifica e controlli, “il rapporto tra i diversi livelli di governo risente della mancata previsione di un meccanismo che possa consentire di acquisire i dati necessari alla valutazione delle misure adottate dal legislatore e, in particolare, che dia riscontro se le risorse finanziarie messe in campo a carico della fiscalità generale siano state correttamente utilizzate. Anche per quanto attiene al monitoraggio relativo all’attuazione delle misure assunte durante la crisi emergenziale sono emerse problematiche in merito alla metodologia basata su dati autocertificati da parte delle Regioni e delle Province autonome che mostrano discrasie, atteso il mancato utilizzo di flussi informativi nazionali e di sistemi informativi strutturati, allo stato non disponibili”.

Circostanze queste ultime che evidenziano le difficoltà incontrate dal Ministero della salute nello svolgimento dell’attività di coordinamento e monitoraggio, non solo per quanto riguarda la verifica dell’avvenuta programmazione, ma anche per quanto attiene alla capacità delle singole autonomie territoriali di comunicare tempestivamente il grado di raggiungimento degli obiettivi, dalle stesse programmati.

“Per quanto attiene, invece, al monitoraggio relativo all’utilizzo e alla gestione finanziario-contabile delle risorse stanziate, emerge che la relativa più ampia finalizzazione, normativamente prevista, possa indurre le Regioni ad utilizzarle in via prioritaria per ripianare i loro disavanzi sanitari regionali e, solo residualmente, per abbattere le liste di attesa. Dalla lettura dei dati pervenuti dal Ministero relativi all’utilizzo delle risorse messe a disposizione al 31 dicembre 2023 si rileva che, nonostante l’ammontare non indifferente di disponibilità, il relativo utilizzo appare esiguo”.

Non da ultimo si evidenza che gli elementi conoscitivi del Ministero della salute per quanto attiene al monitoraggio dei flussi di finanziamento sembrano “arrestarsi in coincidenza del livello delle competenze costituzionalmente assegnate alle autonomie territoriali seppur, per quanto attiene al recupero del ritardo delle liste di attesa, la conoscenza del dato relativo all’effettiva tempestività in relazione alla quale i flussi di finanziamento vengono posti in disponibilità dei soggetti attuatori (Aziende sanitarie ecc.) consentirebbe di sviluppare modelli di coordinamento della relativa politica in grado di efficientare il complessivo processo”.

Nell’ambito, dunque, della competenza statale sul coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati, la Corte ha auspicato lo sviluppo di un apparato organizzativo e informativo per il monitoraggio sul conseguimento degli obiettivi in materia, viste anche le risorse stanziate, proprio di recente, per la riduzione del fenomeno.

 

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