Covid. Rapporto Iss su mortalità: “I decessi tra i no vax riguardano una popolazione più giovane e meno colpita da malattie preesistenti”
28 gennaio - I risultati presentati “indicano chiaramente che le persone decedute dopo il completamento del ciclo vaccinale hanno un elevato livello di complessità clinica, significativamente superiore rispetto alle persone che non hanno potuto beneficiare dell’effetto del vaccino a causa di un contagio precoce o perché non hanno neanche iniziato il ciclo vaccinale”. Inoltre, nella popolazione di vaccinati con ‘ciclo completo di vaccinazione’, il decesso avviene più frequentemente come conseguenza di complicanze extra-respiratorie e meno frequentemente per insufficienza respiratoria. IL RAPPORTO
L’età media dei deceduti e positivi a SARS-CoV-2 in Italia è di 80 anni, la maggior parte è stata ricoverata in ospedale ma non in terapia intensiva e i deceduti vaccinati hanno un’età media più alta e più patologie preesistenti rispetto a quelli non vaccinati.
Sono alcuni dei dati emersi dall’aggiornamento del report decessi, basato sui dati della Sorveglianza Integrata e su un campione di cartelle cliniche di pazienti deceduti con positività al SARS-CoV-2, pubblicato dall’Iss.
Ecco i risultati principali:
Dati dalla sorveglianza integrata COVID-19
Queste le caratteristiche dei 138.099 pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 in Italia dall’inizio della sorveglianza al 10 gennaio 2022 riportati dalla Sorveglianza Integrata COVID-19 coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS):
• L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni. Le donne decedute sono 60.201 (43,6%). L’età mediana dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2 è più alta di circa 40 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione.
• Dei deceduti positivi a SARS-CoV-2 in Italia, il 23,8% risulta essere stato ricoverato in un reparto di terapia intensiva, il 58,5% è stato ricoverato in ospedale ma non in terapia intensiva ed il 17,7% non era ricoverato in ospedale.
• La proporzione di deceduti di età > 80 anni ricoverata in terapia intensiva è molto inferiore rispetto a quella della popolazione di età < 80 anni.
• Nella popolazione di deceduti con età < 80 anni, il 44,0% è stato ricoverato in un reparto di terapia intensiva, il 42,3% è stato ricoverato in ospedale ma non in terapia intensiva ed il 13,7% non risulta essere ricoverato né in terapia intensiva, né in altro reparto ospedaliero.
• Di contro, nella popolazione di età ≥ 80 anni, l’8,2% è stato ricoverato in un reparto di terapia intensiva, il 71,1% è stato ricoverato in ospedale ma non in terapia intensiva ed il 20,7% non risulta essere ricoverato né in terapia intensiva, né in altro reparto ospedaliero.
I dati delle cartelle cliniche di 8.436 deceduti
Il report esamina poi i dati relativi a 8.436 deceduti per i quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche. Va sottolineato che queste cartelle cliniche sono inviate all’ISS dagli ospedali secondo tempistiche diverse, compatibilmente con le priorità delle attività svolte negli ospedali stessi.
Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,7. Complessivamente, 246 pazienti (2,9% del campione) non presentavano patologie, 955 (11,3%) presentavano 1 patologia, 1.512 (17,9%) presentavano 2 patologie e 5.723 (67,8%) presentavano 3 o più patologie preesistenti.
Complessivamente, 246 pazienti (2,9% del campione) presentavano “0” patologie, 955 (11,3%) presentavano 1 patologia, 1.512 (17,9%) presentavano 2
patologie e 5.723 (67,8%) presentavano 3 o più patologie.
L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più comunemente riportata nel campione di deceduti per cui sono state analizzate le cartelle cliniche (93,3%), seguita da danno renale acuto (25,4%), sovrainfezione (21,0%) e danno miocardico acuto (10,4%).
Nelle donne (3.424) il numero medio di patologie osservate è di 3,9 e negli uomini (5.012) il numero medio di patologie osservate è di 3,6.
Nei pazienti deceduti trasferiti in terapia intensiva il numero medio di patologie osservate è di 3,0 mentre nelle persone che non sono state ricoverate in terapia intensiva il numero medio di patologie osservate è di 3,9.
Differenze tra decessi vax e no vax
Rispetto ai deceduti ‘non vaccinati’, sia quelli con ‘ciclo incompleto di vaccinazione’ che i decessi con ‘ciclo completo di vaccinazione’ (l’Iss specifica però che nel rapporto non sono presi in considerazione pazienti con ‘booster’) avevano un’età media notevolmente superiore (rispettivamente 82,6 e 84,7 vs 78,6).
Anche il numero medio di patologie osservate è significativamente più alto nei gruppi di vaccinati con ‘ciclo incompleto di vaccinazione’ e ‘ciclo completo di vaccinazione’ rispetto ai ‘non vaccinati’ (rispettivamente 5,0 e 4,9 vs 3,9 patologie preesistenti).
Il Rapporto fornisce poi uno spaccato sui decessi Covid positivi dal 1 febbraio 2021 al 10 gennaio 2022, considerando quindi un periodo caratterizzato dalla presenza del vaccino: in tutto i decessi sono stati 46.572 e tra questi sono 39.292 i decessi SARS-COV-2 positivi ‘non vaccinati’ (84,4% di tutti i decessi SARS-COV2 positivi avvenuti nel periodo dal 01/02/2021 al 10/01/2022), 1.935 i decessi SARS-COV-2 positivi in ‘ciclo incompleto di vaccinazione’ (4,2%) e 5.345 i decessi SARS-COV-2 positivi in vaccinati con ‘ciclo completo di vaccinazione’ (11,5%).
L'Iss segnala però che “questo dato non può fornire informazioni circa l’efficacia della vaccinazione ma viene fornito con finalità puramente descrittive”.
Ulteriori informazioni sulle caratteristiche dei decessi vax e no vax viene poi sviluppato analizzando un campione di 1.258 cartelle cliniche relative ai decessi ‘non vaccinati’ (3,2% dei 39.292 decessi SARSCOV-2 positivi ‘non vaccinati’), 58 cartelle cliniche relative ai decessi con ‘ciclo incompleto di vaccinazione’ (3,0% dei 1.935 decessi SARS-COV-2 positivi in ‘ciclo incompleto di vaccinazione’) e di 326 cartelle cliniche dei decessi con ‘ciclo completo di vaccinazione’ (6,1% dei 5.345 decessi SARS-COV-2 positivi in vaccinati con ‘ciclo completo di vaccinazione’) avvenuti tra l’01/02/2021 ed il 10/01/2022.
Rispetto ai deceduti ‘non vaccinati’, sia quelli con ‘ciclo incompleto di vaccinazione’ che i decessi con ‘ciclo completo di vaccinazione’ avevano un’età media notevolmente superiore (rispettivamente 82,6 e 84,7 vs 78,6).
Anche il numero medio di patologie osservate è significativamente più alto nei gruppi di vaccinati con ‘ciclo incompleto di vaccinazione’ e ‘ciclo completo di vaccinazione’ rispetto ai ‘non vaccinati’ (rispettivamente 5,0 e 4,9 vs 3,9 patologie preesistenti).
In particolare, la presenza di cardiopatie (cardiopatia ischemica e scompenso cardiaco) è più elevata nei decessi con ‘ciclo incompleto di vaccinazione’, mentre demenza, BPCO e cancro si sono dimostrati maggiormente presenti nei decessi con ‘ciclo completo di vaccinazione’.
Il contrario accade per l’obesità, più presente nei deceduti ‘non vaccinati’ rispetto ai decessi con ‘ciclo completo di vaccinazione’ e a quelli con ‘ciclo incompleto di vaccinazione’.
Inoltre, nella popolazione di vaccinati con ‘ciclo completo di vaccinazione’, il decesso avviene più frequentemente come conseguenza di complicanze extra-respiratorie (danno renale acuto e danno miocardico acuto) e meno frequentemente per insufficienza respiratoria.
Secondo l'Iss, i risultati presentati “indicano chiaramente che le persone decedute dopo il completamento del ciclo vaccinale hanno un elevato livello di complessità clinica, significativamente superiore rispetto alle persone che non hanno potuto beneficiare dell’effetto del vaccino a causa di un contagio precoce o perché non hanno neanche iniziato il ciclo vaccinale”.
“Inoltre - prosegue l'Iss - nel campione dei deceduti con ciclo vaccinale completo il decesso è frequentemente legato a complicanze non respiratorie e quindi non tipiche dell’infezione. È possibile ipotizzare che i pazienti molto anziani e con numerose patologie possano avere una ridotta risposta immunitaria e pertanto essere suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 e alle sue complicanze pur essendo stati vaccinati. Queste persone molto fragili e con una ridotta risposta immunitaria, sono quelle che possono maggiormente beneficiare di una ampia copertura vaccinale dell’intera popolazione in quanto ciò ridurrebbe ulteriormente il rischio di infezione”.