4 marzo: Giornata internazionale contro l'Hpv
4 marzo - Una giornata e una campagna su scala mondiale per parlare di HPV, il papillomavirus umano, per spiegare cos’è, a quale rischi espone e soprattutto come fare per ridurne l’impatto attraverso lo screening e la vaccinazione. È questo l’International HPV Awareness Day, indetto per il 4 marzo, una iniziativa dell’International Papillomavirus Society IPVS e dei suoi 80 partner nel mondo.
L’infezione da Papillomavirus Umano (HPV) è l’infezione sessualmente trasmessa più diffusa in entrambi i sessi. L’International Agency for Research on Cancer (IARC) già nel 1995 ha inserito l’HPV tra gli agenti cancerogeni per gli esseri umani, potendo determinare tumori in più distretti, ma principalmente quelli della cervice uterina. Si stima, infatti, che l’HPV sia responsabile di quasi il 100% dei tumori della cervice uterina, dell’88% dei tumori anali, del 70% dei tumori vaginali, del 50% dei tumori del pene e del 43% dei tumori vulvari. Sebbene la maggior parte delle infezioni da HPV decorra in maniera transitoria e asintomatica (il 60-90% delle infezioni, sia da genotipi oncogeni che non oncogeni, si risolve spontaneamente nell’arco di 1-2 anni dal contagio) la persistenza dell’infezione può determinare l’insorgenza di lesioni benigne e maligne della cute e delle mucose.
Il cancro della cervice uterina - la cui causa è appunto l’infezione persistente da HPV ad alto rischio - è tuttavia tra i tumori a più alta sopravvivenza, quelli cioè che possono beneficiare di terapie efficaci e soprattutto di diagnosi precoci e tempestive.
Lo screening oncologico è in tal senso un’arma potente e per questa ragione le Linee Guida europee e italiane raccomandano l’implementazione dei programmi di screening organizzati, basati su un invito attivo da parte della Aziende Sanitarie Locali alla popolazione a maggior rischio, con l’offerta di un percorso di approfondimento assistenziale e terapeutico definito e gratuito.
La pandemia da COVID-19 ha però messo a dura prova i percorsi di prevenzione, in quanto percepita come impellente minaccia per la salute e richiedente la priorità assoluta, a scapito delle altre prestazioni sanitarie differibili.
La prevenzione del carcinoma cervicale ha subito quindi un duplice stop: a livello di screening (calo degli inviti e della propensione ai controlli) e a livello di adesione alla vaccinazione anti-HPV. Si calcola che solo in Italia vi siano stati circa 540 mila controlli in meno con 2500 mancate diagnosi.
All’inizio della pandemia il calo dell’adesione era dovuto principalmente ad una percezione molto alta del rischio di ammalarsi di COVID, rinforzata dalle misure necessarie per arginare la diffusione del contagio (distanziamento sociale, lockdown e restrizioni).
Successivamente, l’introduzione del vaccino anti-COVID ha da un lato aumentato la diffidenza verso i vaccini da parte dei soggetti già esitanti in generale, mentre nei soggetti pur propensi alla vaccinazione si sono creati dubbi su eventuali interazioni tra vaccini che si è tradotta inevitabilmente in una tendenza a dare la precedenza al vaccino anti-COVID.
La mortalità per il tumore della cervice è notevolmente calata negli ultimi decenni, grazie alla diffusione del test di Papanicolaou (Pap test) e, più recentemente, anche del test per lo Human Papilloma Virus (HPV test).
Il tumore alla cervice uterina è curabile se riconosciuto precocemente e adeguatamente trattato. Grazie alla vaccinazione e alle campagne di screening, i tassi di incidenza del tumore della cervice uterina e la sua mortalità risultano in calo. Resta, tuttavia, una delle neoplasie più comuni e una delle cause di morte correlata a tumore più frequente tra i tumori che colpiscono le donne. In Italia si stimavano, per il 2020, 2365 nuovi casi di tumori della cervice uterina (pari all’1,3% di tutti i tumori incidenti nelle donne) e rappresenta la quinta neoplasia più frequente fra le donne prima dei 50 anni (4%). La sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi è pari al 68% e si stimava che nel 2020, in Italia, fossero più di 51mila le donne che convivevano con il tumore della cervice uterina.
Dopo un continuo trend in salita, la quota di donne che si sottopone allo screening cervicale nell’ambito dei programmi organizzati è passata in Italia dal 52% del 2019 al 46% del 2020.
Queste riduzioni si registrano ovunque nel Paese, sono significative nelle regioni del Nord, più massicciamente investite dalla pandemia, ma si osservano anche nel Centro e nel Sud del Paese.
Le azioni volte al “recupero” della mancata partecipazione allo screening dovrebbero tuttavia tenere conto delle criticità già esistenti prima della pandemia rispetto a differenze geografiche e sociali, alle motivazioni e considerare l’efficacia delle azioni di promozione degli screening che raggiungono i cittadini.
Altro capitolo relativo alle criticità legato alla pandemia da Covid-19 riguarda la vaccinazione anti-Hpv. Anche in questo caso si sono registrati gravi ritardi e numerose mancate adesioni.
Durante il periodo dell'emergenza determinata dall'infezione da COVID-19 le attività vaccinali in generale sono diminuite in Italia del 96,9% e proprio quella contro l'HPV ha subito il calo maggiore.
La vulnerabilità al COVID è stata percepita come più elevata e la malattia è stata percepita come più minacciosa mentre per HPV esiste la possibilità di fare screening e tenere sotto controllo una possibile evoluzione infausta.
Oltre alle oggettive difficoltà si è diffuso purtroppo il fenomeno dell’esitazione vaccinale relativamente alla vaccinazione anti-papillomavirus.
Spesso la resistenza o comunque la scarsa sensibilità alla vaccinazione anti-Hpv deriva dalla mancanza di adeguate informazioni sull’importanza di questo vaccino e sui rischi che le donne (e i maschi) corrono in conseguenza dell’infezione persistente legata a questi virus. Questo è un vaccino contro un cancro! E’ necessario ribadirlo con forza.
Il personale sanitario deve essere preparato in materia e pronto a supportare anche con un’adeguata comunicazione le scelte della popolazione. Uno dei nodi principali di questo particolare aspetto relazionale sul vaccino anti-HPV, riguarda la necessità di affrontare l’argomento sessualità.
Le madri delle ragazze spesso non accettano l’dea che le loro figlie possano avere rapporti sessuali in età molto giovanile e temono lo stigma legato al vaccino, mentre le madri dei ragazzi non recepiscono il significato dell’immunità di gregge e della vaccinazione universale.
I programmi di screening e la vaccinazione contro il Papillomavirus sono infatti destinati ad una finalità altamente umanitaria e civile: raggiungere tutti senza diseguaglianze.
La paura del Covid ha distolto l’attenzione per tutte le altre patologie, che tuttavia non sono scomparse.
È bene quindi far comprendere alla popolazione - soprattutto ai giovani- che è bene tornare ad occuparsi della propria salute in modo completo, includendo in particolare la prevenzione.
Lo screening per il cervicocarcinoma e la vaccinazione contro il Papillomavirus sono due facce della stessa medaglia.
CARLO MARIA STIGLIANO
Fonte dati: Epicentro/ISS