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Depressione perinatale. A 20 anni dal parto, maggiori rischi cardiovascolari

21 giugno - Le donne con diagnosi di depressione perinatale hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari nei successivi 20 anni rispetto alle donne che hanno partorito senza soffrire di questa patologia. L’evidenza emerge da uno studio svedese - il primo del suo genere -  che ha preso in esame la salute cardiovascolare dopo il parto considerando i dati relativi  a circa 600mila donne.

Le donne con diagnosi di depressione perinatale hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari nei 20 anni successivi al parto, rispetto alle donne che hanno partorito senza soffrire di questa patologia mentale. A osservarlo, sull’European Heart Journal, è una ricerca condotta da Emma Bränn e colleghi del Karolinska Institutet di Stoccolma, in Svezia.

Lo studio del Karolinska Institute si è basato sul registro svedese delle nascite. I ricercatori hanno confrontato 55.539 donne – a cui era stata diagnosticata la depressione perinatale tra il 2001 e il 2014 – con 545.567 donne che avevano partorito nello stesso periodo, ma a cui non era stata diagnosticata la patologia. Tutte le donne sono state seguite fino al 2020, per valutare l’impatto del parto sullo sviluppo di malattie cardiovascolari.

Tra le donne con depressione perinatale, il 6,4% ha sviluppato malattie cardiovascolari rispetto al 3,7% delle donne che non avevano sofferto di depressione perinatale: presentavano inoltre un rischio maggiore del 36% di andare incontro a patologie cardiovascolari. Il rischio di ipertensione arteriosa, in particolare, era superiore di circa il 50%, quello di cardiopatia ischemica del 37%, e il rischio di insufficienza cardiaca si attestava a circa il 36%. Infine, i ricercatori hanno anche confrontato le donne che soffrivano di depressione perinatale con le sorelle e hanno scoperto che queste presentavano un rischio maggiore del 20% di malattie cardiovascolari.

“Non è chiaro come e attraverso quali percorsi la depressione perinatale porti alle malattie cardiovascolari – conclude Emma Bränn – Abbiamo bisogno di fare altre ricerche per capirlo, in modo da poter prevenire la depressione e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari”.

Fonte: European Heart Journal 2024

 

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