Denatalità cronica. Non si ferma il calo delle nascite anche nel 2023: scendono a 379.890. E nel 2024 andrà peggio. Il numero medio di figli per le donne italiane è ora di 1,14
25 ottobre - Pubblicato il report dell’Istat. In base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio le nascite di quest’anno sono 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023. Non solo persistono difficoltà nel passaggio dal primo al secondo figlio, emergono anche criticità importanti nell’avere il primo. L’allungarsi dei tempi di formazione e di uscita dal nucleo familiare di origine da parte dei giovani, le loro difficoltà nel trovare un lavoro stabile, il problematico accesso al mercato abitativo, non ultima la scelta volontaria di rinunciare, o comunque rinviare al futuro il voler diventare genitori, sono tra i fattori che contribuiscono alla denatalità. IL RAPPORTO
Non si arresta e preoccupa il calo delle nascite in Italia. Secondo i nuovi dati Istat pubblicati oggi, infatti, nel 2023 le nascite della popolazione residente sono 379.890, circa 13mila in meno rispetto al 2022 (-3,4%). Ciò significa che per ogni 1.000 residenti in Italia sono nati poco più di sei bambini. Questa diminuzione, che comporta un nuovo superamento al ribasso del record di denatalità, si inserisce in un trend ormai di lungo corso, segnala l’Istat. Rispetto al 2008, anno in cui il numero dei nati vivi superava le 576mila unità, rappresentando il più alto valore dall’inizio degli anni Duemila, si riscontra una perdita complessiva di 197mila unità (-34,1%). La sistematica riduzione rilevata in tale periodo è stata annualmente di circa 13mila unità, corrispondente a un tasso di variazione medio annuo del 2,7 per mille. Non solo, il calo delle nascite prosegue anche nel 2024: in base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio le nascite sono 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023. E il numero medio di figli per donna scende: si attesta a 1,20 (1,14 per le donne di cittadinanza italiana) in flessione sul 2022 (1,24) e la stima provvisoria elaborata sui primi 7 mesi del 2024 evidenzia una fecondità pari a 1,21.
Il calo delle nascite, oltre che dalla ormai stabile bassa tendenza ad avere figli (1,2 figli per donna nel 2023), è anche causato dai mutamenti strutturali della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra i 15 e i 49 anni. Le donne comprese in questa fascia di età sono sempre meno numerose. Oggi, quelle nate negli anni del baby-boom (dalla seconda metà degli anni Sessanta alla prima metà dei Settanta) hanno ormai superato la soglia convenzionale dei 49 anni. Gran parte di quelle che ancora sono in età feconda appartengono all’epoca del cosiddetto baby-bust, ovvero sono nate nel corso del ventennio 1976-1995 durante il quale la fecondità scese da oltre 2 al minimo storico di 1,19 figli per donna.
La diminuzione dei nati è attribuibile per la quasi totalità al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani, che costituiscono oltre i tre quarti delle nascite totali. I nati da genitori italiani, pari a 298.948 nel 2023, sono circa 12mila in meno rispetto al 2022 (-3,9%) e 181mila in meno rispetto al 2008 (-37,7%). I nati da coppie in cui almeno uno dei genitori è straniero sono invece 80.942, in calo dell’1,5% sul 2022 e del 25,1% rispetto al 2012, anno in cui si è registrato il numero massimo. A diminuire sono state in particolar modo le nascite da genitori entrambi stranieri, in calo del 3,1% sul 2022 e del 35,6% nel confronto con il 2012 (-28.447 unità). La denatalità prosegue anche nel 2024: secondo i primi dati provvisori riferiti al periodo gennaio-luglio, le nascite sono diminuite, rispetto allo stesso periodo del 2023, di 4.600 unità (-2,1%).
Nel 2023 le nascite di primo ordine, pari a 186.613 unità, diminuiscono del 3,1% rispetto al 2022 e ritornano ai livelli del 2021. L’aumento dei primogeniti osservato nel 2022 sul 2021 ha costituito quindi una breve parentesi di ripresa, determinata dal recupero di progetti riproduttivi rinviati nel periodo pandemico. I secondi figli diminuiscono del 4,5% e quelli di ordine successivo dell’1,7%. La diminuzione dei primi figli riguarda tutte le aree del Paese, con il Nord che nel 2023 registra il calo minore sul 2022 (-2,8%) e il Centro quello più intenso (-3,6%). La diminuzione dei figli di ordine successivo al primo interessa in misura lievemente maggiore il Centro: -3,9%, contro il -3,8% del Nord e il -3,6% del Mezzogiorno.
Quanto si osserva nel 2023 non è altro che la prosecuzione di una tendenza che da diversi anni caratterizza il Paese e che vede, accanto alla diminuzione dei nati del secondo ordine e più, anche una forte contrazione dei primi figli. Dal 2008 a oggi, i nati di primo ordine sono diminuiti del 34,4%, i secondi figli del 36,3% e quelli di ordine successivo del 26,5%. Il Centro è l’area geografica ad aver registrato il calo maggiore sia dei primi che dei secondi figli (-40,6% per entrambi), mentre nel Mezzogiorno si riscontra un calo meno intenso tanto dei primi figli (-27,5%) quanto dei secondi (-34,5%), per quanto rilevante. Non solo quindi persistono le difficoltà nel passaggio dal primo al secondo figlio, emergono anche criticità importanti nell’avere il primo figlio. L’allungarsi dei tempi di formazione e di uscita dal nucleo familiare di origine da parte dei giovani, le loro difficoltà nel trovare un lavoro stabile, il problematico accesso al mercato abitativo, non ultima la scelta volontaria di rinunciare, o comunque rinviare al futuro il voler diventare genitori, sono tra i fattori che contribuiscono alla contrazione dei primi figli nel Paese.
Il crescente grado di “maturità” dell’immigrazione nel Paese, testimoniato anche dalla notevole crescita della popolazione che ha acquisito la cittadinanza italiana (circa 1,9 milioni di residenti a fine 2023), rende sempre più complesso misurare i comportamenti familiari tra i cittadini di origine straniera. Le acquisizioni di cittadinanza, peraltro, riguardano collettività significativamente numerose (in particolare, le donne di origine albanese, marocchina e rumena raccolgono nel solo 2023 il 35% del totale delle acquisizioni rilasciate), ossia le comunità che contribuiscono in modo più cospicuo alla natalità del Paese. Fatta questa premessa, continua nel 2023 la diminuzione dei nati da genitori in cui almeno uno dei partner è straniero. Queste nascite, che costituiscono il 21,3% del totale, sono passate da 82.216 del 2022 a 80.942 del 2023. Dal 2012, ultimo anno in cui si è osservato un aumento sull’anno precedente, il calo è stato di 27mila unità. In particolare, i nati in coppia mista, che costituiscono il 7,8% del totale dei nati, si mantengono stabili nel 2023, attestandosi a 29.495 unità. I nati da genitori entrambi stranieri che, come l’anno scorso, costituiscono il 13,5% del totale dei nati, sono nel 2023 pari a 51.447 (erano 53.079 nel 2022) e registrano nell’ultimo anno un calo del 3,1% (per i nati da coppie italiane il calo è del 3,9%).
Nel 2023, contrariamente a quanto osservato negli ultimi anni, i figli nati fuori dal matrimonio sono lievemente diminuiti: si attestano a 160.942, registrando un calo di poco più di 2mila unità sul 2022. La loro incidenza sul totale delle nascite continua però a crescere (42,4% nel 2023, +0,8 punti percentuali sul 2022), sebbene in misura inferiore rispetto alla crescita media registrata nel periodo 2008-2022 (+1,5 annuo).
Nel 2023 il numero medio di figli per donna continua a scendere. Le donne in età compresa tra i 15 e i 49 anni residenti in Italia hanno avuto in media 1,20 figli, un valore in calo rispetto all’anno precedente (1,24) e in linea con il trend decrescente in atto dal 2010, anno in cui si è registrato il massimo relativo di 1,44 figli per donna. La fecondità sembra non risollevarsi, finora, neanche nel 2024. Sulla base del numero provvisorio di nati rilevato tra gennaio e luglio, il numero medio di figli per donna è infatti stimato in 1,21, in linea col dato dell’anno precedente. Con la differenza sostanziale, tuttavia, che questo lieve recupero sul piano comportamentale, non si traduce in incremento di nascite (in calo del 2,1% rispetto ai primi sette mesi del 2023), stante la riduzione della popolazione femminile in età riproduttiva (15-49 anni), transitata da 11,6 milioni a 11,5 milioni tra il 1° gennaio 2023 e il 1° gennaio 2024 (-0,9%).
Nel 2023, limitando l’analisi ai soli primogeniti, si diventa per la prima volta madri in media a 31,7 anni, mentre nel 1995 ciò accadeva a 28 anni. Più in generale, considerando ogni ordine di nascita, l’età media al parto, dopo un biennio di stabilità, aumenta lievemente rispetto al 2022, passando da 32,4 anni a 32,5 anni nel 2023. L’età media al parto è più alta per le italiane (33,0) rispetto alle straniere (29,7). Rispetto al 1995, l’età media alla nascita dei figli è aumentata di oltre due anni e mezzo.
Il nome maschile più scelto dai genitori a livello nazionale è Leonardo, che mantiene il primato conquistato nel 2018; al secondo posto, per la prima volta sul podio, si trova Edoardo, che conquista due posizioni sul 2022. Stabile Tommaso al terzo posto, mentre Francesco esce dal podio perdendo due posizioni e attestandosi al quarto posto. Situazione immutata, rispetto al 2022, nelle prime due posizioni dei nomi femminili: stabili Sofia in prima posizione e Aurora in seconda; in terza posizione Ginevra, che sale dalla quarta, mentre in quarta posizione prende il suo posto Vittoria. Giulia, in uscita dalla terza posizione del podio dell’anno scorso, scivola in quinta.