Careggi, Aou Marche e Humanitas gli ospedali con le migliori performance. Agenas presenta il nuovo Programma nazionale esiti. Ricoveri in aumento, ma ancora troppe differenze a livello inter e intra-regionale
31 ottobre - Il nuovo report mostra nel 2023 un aumento dei ricoveri programmati e diurni. Ancora in affanno invece i ricoveri urgenti. Boom di interventi per il trattamento tumore maligno della mammella che supera addirittura l‘asticella del 2019. Aumenta la tempestività di accesso entro 90’ all’angioplastica coronarica nei pazienti con infarto. In Sicilia la struttura ”più” veloce. 137 punti nascita sono ancora sotto la soglia minima dei 500 parti l‘anno, un numero di prestazioni troppo basso che non garantisce la sicurezza della mamma e del bambino.
A guidare gli ospedali con le migliori performance in più aree: l’Ao Careggi a pari merito con l’Aou delle Marche e ancora una volta sul podio l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. IL PNE 2024
Mollano gli ormeggi gli ospedali italiani ormai liberi, chi più chi meno, dalla zavorra della pandemia. Nel 2023 i ricoveri tornano a essere quasi 8 milioni (+312mila rispetto al 2022) accorciando quindi ulteriormente le distanze dai livelli prepandemici (-10% rispetto al 2019). Vento in poppa in particolare per i ricoveri programmati e quelli diurni, rispettivamente con appena un -3% e -4% dai livelli pre Covid. Sono invece ancora in affanno i ricoveri urgenti: rispetto al 2019, il gap è rimasto sostanzialmente invariato e si conferma una riduzione del 12%.
Sul fronte qualità, cresce il numero degli ospedali con livelli di eccellenza per almeno il 50% dell’attività svolta: + 33% rispetto al 26% del 2022.
Tuttavia il tallone d’Achille, non è più il divario Nord-Sud Italia, ma una eccessiva frammentazione nei volumi di attività che si traduce in una allarmante differenza intra-regionale e spesso anche inter-aziendale. Preoccupa infatti, in alcuni ambiti, la preponderanza di strutture a volume molto basso di prestazioni non allineate agli standard indicati dal Dm 70 e dalle linee guida internazionali. Strutture che mal si sposano con out-come di qualità e lontane dall’assicurare i Lea.
Qualche esempio? Migliora l’offerta delle performance assistenziali per il trattamento tumore maligno della mammella che supera addirittura l‘asticella del 2019: il numero delle strutture con alti volumi di attività aumenta, ma ce ne sono ancora ben 201 sotto la soglia indicata dal Dm 70, e quindi a rischio. Nel cardiovascolare vanno bene i tempi di accesso alla PTCA entro 90 minuti, tra gli indicatori di efficienza del sistema. Recuperano gli interventi di Bypass aorto-coronarico isolato e totale, “procedura tracciante” della qualità dell’assistenza in cardiochirurgia, sui quali pesa però la parcellizzazione dell’offerta. Il risultato? Anche in questo caso ci sono troppe strutture con bassi o bassissimi volumi di attività.
Anche sul fronte delle fratture di femore negli over65 operate entro le 48 ore, indicatore paradigmatico della qualità del processo assistenziale in ambito traumatologico, cresce la percentuale di pazienti che entrano in camera operatoria nei tempi previsti, eppure oltre la metà delle strutture rimane ben al di sotto dello standard del 60% indicato dal Dm 70, e con un’ampia variabilità intra-regionale.
Ultimo ma non ultimo, 137 punti nascita sono ancora sotto la soglia minima dei 500 parti l‘anno, un numero di prestazioni troppo basso che non garantisce la sicurezza della mamma e del bambino.
Questo in sintesi il quadro delineato dagli analisti di Agenas che hanno presentato oggi a Roma presso il Cnel i risultati dell’Edizione 2024 del Programma nazionale esiti (Pne). Un Pne che, in linea con il trend degli ultimi anni, si perfeziona sempre di più e stringe le maglie per valutare con accuratezza gli out come degli ospedali pubblici e privati.
Anche per questa edizione parlare di classifiche non è più un tabù: le strutture con performance di eccellenza sono ormai sotto i riflettori grazie all’utilizzo sempre più accurato una sorta di “radar” in grado di intercettare la qualità delle attività ospedaliere, ossia il treemap, modalità sintetica che attraverso indicatori di volume, processo ed esito evidenzia le criticità delle realtà assistenziali per singola struttura. E quest’anno sul podio di Agenas troviamo l’Ao Careggi con le migliori performance e in più aree, a pari merito con l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche e poi come lo scorso anno l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.
“Anche quest’anno - ha detto Manuela Lanzarin Presidente f.f. di AGENAS - il Programma Nazionale Esiti ha realizzato il monitoraggio delle performance assistenziali riguardo gli ospedali italiani, pubblici e privati, focalizzando l’attenzione su alcuni ambiti nosologici cruciali per la salute dei cittadini. Il lavoro svolto dall’Agenzia ha dato la possibilità di far emergere in maniera ancor più chiara la ripresa delle attività degli ospedali italiani, dopo la battuta d’arresto del COVID-19, frutto di lavoro compiuto ai diversi livelli istituzionali e in particolare dagli operatori impegnati sul campo. C’è sicuramente ancora del lavoro da svolgere e proprio per questo AGENAS rimane a supporto di tutte le strutture sanitarie che vorranno intraprendere un lavoro di confronto al fine di potenziare i propri servizi da rendere ai cittadini/pazienti.”
“Sono contento - ha dichiarato Domenico Mantoan, Direttore Generale di Agenas – dei continui sviluppi di questo strumento che rappresenta ormai da tempo un osservatorio nazionale permanente sulla qualità delle cure in Italia, in grado di offrire agli operatori e ai decisori una panoramica attendibile e aggiornata sulla variabilità dei processi e degli esiti assistenziali. Quanto visto oggi potrebbe essere ulteriormente implementato grazie al rilancio del Fascicolo Sanitario Elettronico e dell’istituzione dell’Ecosistema dei Dati Sanitari che dovrebbero garantire nel prossimo futuro una maggiore interoperabilità dei sistemi informativi e aprire nuovi scenari sul versante della valutazione e del monitoraggio dei processi assistenziali, nella prospettiva di individuare le aree di potenziale miglioramento, ottimizzare le risorse disponibili e contribuire alla costruzione di un sistema sanitario più sostenibile e più resiliente, tanto nelle situazioni di emergenza quanto di fronte alle sfide del quotidiano.”
"Il sistema del Pne - ha specificato - è unico al mondo e produce dei dati non contestabili, andiamo a vedere il comportamento dei professionisti e mettendo insieme i dati riusciamo a definire il comportamento delle singole aziende. Nel 2023 il sistema è ripartito dopo l'emergenza. Ci sono eccellenze al Nord, ma iniziano ad esserci anche al Sud e il divario si sta riducendo. Per la prima volta la Calabria che per anni è sta maglia nera dei Lea non lo è più", e ha fatto un "notevole il balzo in avanti con reparti con situazioni di buona sanità. Merito del commissario Occhiuto. Anche la Sicilia ha fatto un buon balzo in avanti, vuol dire che è stato fatto un buon lavoro".
Indicatori e ospedali sotto la lente. Sotto la lente di Agenas è finita l’attività assistenziale effettuata nel 2023 in 1.363 ospedali pubblici e privati e anche quella dal 2015 al 2022. Gli analisti hanno messo in campo per questa nuova edizione, 10 indicatori in più rispetto all’anno precedente, per un totale di 205 indicatori di cui: 180 relativi all’assistenza ospedaliera (70 di esito/processo, 88 di volume e 22 di ospedalizzazione) e 25 relativi all’assistenza territoriale, valutata indirettamente in termini di ospedalizzazione evitabile (14 indicatori), esiti a lungo termine (7) e accessi impropri in pronto soccorso (4).
Si conferma quindi un sistema in continua evoluzione e sempre più “chirurgico”: attualmente sono in sperimentazione 8 nuovi indicatori, di cui 3 in ambito oncologico (pancreas, polmone e stomaco), 2 in ambito neurologico (ictus) e 3 in ambito cardiologico (relativi all’infarto acuto del miocardio).
Per quanto riguarda il treemap (mappa ad albero) - l’atout vincente del Pne che consente ad operatori sanitari, manager e decisori politici di avere una visione rapida dei dati delle strutture ospedaliere e definire strategie di azione in maniera appropriata - sono 20 gli indicatori selezionati per 8 aree cliniche (cardio-circolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, chirurgia oncologica, gravidanza e parto, osteomuscolare, nefrologia) attraverso i quali sono state passate al setaccio 950 delle 1.363 strutture analizzate dal Pne (il 70% del totale, era il 66% nel 2022), pari a circa il 90% dei ricoveri nelle aree cliniche considerate. Le strutture per le quali è stato possibile valutare, almeno con un indicatore, tutte e 8 le aree cliniche sono state 171; di queste, 2 hanno raggiunto livelli di qualità alti o molto alti per tutte le aree.
Vediamo quali sono i dati più rappresentativi dello “stato di salute” delle strutture ospedaliere
Ospedalizzazioni in recupero. Come già sottolineato, nel 2023, il quadro d’insieme indica una crescita delle ospedalizzazioni, che tornano a essere quasi 8 milioni (312mila in più rispetto al 2022). Il recupero, calcolato rispetto al 2019, ha riguardato specificamente i ricoveri programmati (-3%) e quelli diurni (-4%), mentre è rimasto sostanzialmente invariato il gap sui ricoveri urgenti, per i quali si conferma una riduzione del 12%.
Rientra nei ranghi l’attività programmata delle strutture private accreditate, rispetto al comparto pubblico che si è risvegliato dopo lo shock pandemico. Un’attività che si era intensificata durante la partita contro il Covid 19 grazie alla delocalizzazione dei pazienti e/o delle équipe chirurgiche con l’obiettivo di recuperare prestazioni elettive non effettuate durante il lockdown. Dal 44% nel periodo prepandemico è passata al 46% nel 2020 per raggiungere il picco massimo del 47% nel 2021 e riassestarsi nel 2023 al 45. Un andamento analogo si è registrato anche a carico dei ricoveri diurni, in cui la quota a carico del settore privato è cresciuta dal 28% nel periodo prepandemico al 31% del 2021, per poi scendere al 29% nel 2022 e nel 2023.
Area cardio e cerebrovascolare
Infarto miocardico acuto. Trend in crescita dei ricoveri per Ima dopo la battuta di arresto del 2020 seppur con valori lievemente inferiori a quelli del 2022 (circa 900 ricoveri in meno e 5,1%, pari a 5.700 ricoveri in meno rispetto al 2019).
Migliora la mortalità a 30 giorni dall’ammissione in ospedale: ha registrato nel 2023 una percentuale del 7,1%, in calo rispetto al 2022 (7,8%) e con un riallineamento al trend prepandemico. Emerge però anche una certa variabilità intra-regionale, più accentuata in Molise e Campania.
Il Pne 2024 ha poi considerato separatamente le due tipologie di infarto STEMI e NSTEMI. È emerso come per la prima, caratterizzata da una maggiore gravità, ci sia stato un pieno riallineamento al trend prepandemico, mentre per gli NSTEMI il gap si è non ancora pienamente riassorbito: in particolare, i ricoveri nel 2023 sono diminuiti del 12% in meno (-8mila ricoveri) rispetto all’atteso in base al trend prepandemico.
Angioplastica coronarica (Ptca) entro 90 minuti nei pazienti con infarto (Stemi) Migliora la tempestività di accesso all’angioplastica coronarica (Ptca) in pazienti affetti da infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (Stemi), uno tra gli indicatori di efficienza del sistema: rimasta complessivamente costante nel triennio pandemico è passata da un valore mediano del 57% nel 2022 al 63% nel 2023. Dai dati emerge una importante eterogeneità territoriale, tuttavia sono molte le regioni che superano la soglia del 60% indicata nel Dm 70/2015, tra queste spiccano il Veneto, le Marche e l’Emilia Romagna. Una marcata variabilità intra-regionale è invece emersa in Umbria, Friuli Venezia Giulia, Campania e Calabria. Allarme rosso in Liguria e Sardegna.
In particolare delle strutture valutate con il Treemap, sono 17 quelle al Nord con più di 100 casi trattati ogni anno e alti livelli di performance registrati negli ultimi 4 anni (10 quelle che hanno migliorato i loro out come nell’ultimo anno), e ben 18 quelle al Centro e Sud Isole (11 quelle in miglioramento nell’ultimo anno, di 4 al Centro e 7 al Sud e Isole).
A capitanare la classifica totale delle strutture con le migliori performance è una struttura della Sicilia il presidio ospedaliero Barone Romeo di Messina con il 90,33% dei casi trattati entro 90 minuti dal primo accesso, seguito dall’Ospedale del Cuore Pasquinucci (Massa Carrara) con l’85% e dal Presidio ospedaliero di Chiari a Brescia con l’83,5% dei casi trattati nei tempi previsti.
Nello specifico, al Nord troviamo 3 strutture del Piemonte,5 della Lombardia, 1 rispettivamente della Pa di Trento e Bolzano 1 in Liguria e 6 in Emilia Romagna (17 in totale)
Ospedale Maria Vittoria (To), Ospedale Santa Croce (To), Ospedale degli Infermi (Bl), Ospedale Sondrio (So), Ospedale Bolognini (Bg), PO di Chiari (Bs), Fondazione Poliambulanza (Bs), Ospedale C. Poma (Mn), Ospedale Centrale di Bolzano, PO S. Chiara (Tn), Ospedale Sant'Andrea (Sp), Ospedale Maggiore C.A. Pizzardi (Bo), Ospedale Santa Maria delle Croci (Ra), Ospedale Morgagni-Pierantoni (Fc), Ospedale Infermi (Rn), Nuovo Ospedale Civile S. Agostino – Este (M0), Azienda Ospedaliero-Universitaria (Fe)
Al Centro-Sud e Isole sono in totale 18 le strutture: 1 in Toscana e in Umbria, 2 nella Marche, 4 nel Lazio, 1 in Campania, 2 in Piglia, 1 in Calabria 5 in Sicilia e 1 in Sardegna.
Ospedale del Cuore G. Pasquinucci (MS), Ospedale San Giovanni Battista Foligno (PG), Stabilimento di Pesaro, Stabilimento di Macerata, Presidio Ospedaliero Nord (LT), Ospedale F. Spaziani (FR), Policlinico Casilino (RM), AOU Policlinico Tor Vergata (RM), PO Maria SS. Addolorata (SA), Casa di Cura Villa Verde Srl (TA), Casa di Cura Città di Lecce, AOU Mater Domini (CZ), PO S. Giovanni di Dio (AG), PO Giovanni Paolo II (AG), PO Barone-Romeo Patti (ME), PO S. Antonio Abate (TP), Ospedale Civico di Palermo, Policlinico Monserrato (CA).
Maglia nera invece a 14 strutture con volumi superiori ai 100 casi trattati in un anno che non riescono ad assicurare la Ptca entro i 90 minuti dal primo accesso, dal peggiore al meno peggio: Aou Giaccone Palermo (Sicilia), ospedale San Giuliano Napoli (Campania), Monaldi Napoli (Campania), Stabilimento Santissima Annunziata Sassari (Sardegna), Ospedale San Paolo Savona (Liguria), Po Riuniti Reggio Calabria (Calabria), PO Smm sede Udine (Friuli Venezia Giulia), Irccs San Raffaele Milano (Lombardia), Stabilimento ospedaliero Sanremo Imperia (Liguria), Ospedale Casa sollievo della sofferenza Foggia (Puglia), Nuovo ospedale di Prato Santo Stefano (Toscana), policlinico Umberto I Roma (Lazio), Aoor San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona (Salerno), Istituto auxologico italiano San Luca Milano (Lombardia).
Bypass aorto-coronarico isolato e totale. Per quanto riguarda i bypass aorto-coronarici (BAC) isolati (ossia non associato a interventi su valvole o endoarteriectomie), considerati “procedura tracciante” della qualità dell’assistenza in cardiochirurgia, dopo l’importante battuta di arresto durante la pandemia, la forbice si è ulteriormente accorciata, con uno scarto dal trend pari al 5,5% (circa 750 ricoveri in meno).
Sul fronte dei volumi di attività qualcosa si muove ma gli standard pre pandemici non sono ancora stati raggiunti pienamente: le strutture che superano la soglia minima dei 200 interventi/anno indicata dal Dm 70/2015, sono 18 pari al 35% del volume complessivo dei ricoveri: era al 24% nel 2022, al 37% nel 2019.
L’edizione 2024 ha puntato i riflettori anche sul totale dei BAC (inclusi quindi quelli associati a interventi su valvole o endoarteriecto), cartina al tornasole dell’expertise maturata dai cardiochirurghi, in questo caso le strutture con volumi uguali o superiori alla soglia salgono a 38, pari al 60% della casistica complessiva.
La mortalità a 30 giorni da un intervento di BAC isolato, si è progressivamente ridotta da 1,9% nel 2022 a 1,5% nel 2023, ma rimane ancora dunque al di sotto della soglia del 4% indicata dal DM 70. È allarme rosso in Campania, Sicilia e Sardegna, regioni in cui nel 2023 si supera la soglia del 4%.
Le 18 strutture che hanno effettuato 200 o più interventi di BAC isolato sono:
Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” (Roma), Aoor “San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona” (Salerno), Stabilimento “Umberto I - G. M. Lancisi” (Ancona), Villa Maria Cecilia Hospital di Cotignolan( Ravenna), P.O. “SS. Annunziata” (Chieti), “Ospedale del Cuore G. Pasquinucci” (Massa Carrara), Aou Mater Domini (Catanzaro), Aou Careggi (Firenze), Ospedale di Treviso, Aou Sant’Andrea (Roma), Policlinico Universitario “Campus Biomedico” (Roma), Casa di cura Montevergine (Avellino), Ospedale di Mestre (Venezia), Hesperia Hospital (Modena), Po Cattinara e Maggiore (Trieste) AOU Parma, Ospedale civile di Legnano (Milano), PO Gaspare Rodolico (Catania).
Sono invece 15 le strutture con più bassi volumi di attività di Bac totale (meno di 100 interventi l'anno):
Casa di cura Pio XI (Roma), Irccs Multimedica (Milano), Fondazione Cnr- Rt G. Monasterio (Pisa), Istituto clinico San Rocco spa (Bresca), Irccs Ospedale Galeazzi Sant'Ambrogio (Milano), Casa di cura Policlinico Monza e Brianza, Torino nord emergenza San Giovanni Bosco (Torino), Fondazione Poliambulanza (Brescia), Policlinico di Monza spa, Presidio clinico Novara, AO di Perugia, fondazione Irccs Ca’ Granda ospedale maggiore (Milano), centro cardiologico Fondazione Monzino (Milano), Ao Santa Maria Terni, Ospedale San Carlo di Nancy (Roma), Ospedale privato accreditato Villa Torri Bologna.
Ictus ischemico I ricoveri per questa patologia tempo di pendente, dopo la contrazione registrata nel 2020 (-11% rispetto all’atteso) e il parziale recupero nel biennio successivo sono ulteriormente cresciuti nel 2023, con riallineamento pressoché totale al trend prepandemico (-2,0%).
Per quanto riguarda la mortalità a 30 giorni dal ricovero per ictus ischemico, si è registrata nel 2023 un’ulteriore riduzione rispetto all’anno precedente, con un valore di 9,4% (era 10,7% nel 2022), pressoché in linea con il trend.
Area muscolo-scheletrica
Frattura del collo del femore operata in 48 ore. Aumentano i ricoveri chirurgici per frattura di femore (95.808 in totale): 1.200 in più rispetto al 2022, e con un lieve disallineamento sul valore atteso (-3,0%, corrispondente a circa 3mila ricoveri in meno). Lieve miglioramento anche della concentrazione dei volumi con 420 strutture che hanno raggiunto la soglia dei 75 interventi/annui indicata dal Dm 70. Tuttavia 182 strutture (9 in più rispetto al 2022) hanno volumi di attività particolarmente esigui (0,5% della casistica totale).
Ma è sulla tempestività di accesso all’intervento chirurgico che si gioca la partita dell’efficienza delle strutture e la qualità del processo assistenziale in ambito traumatologico. Nel 2023 aumenta lievemente la percentuale di pazienti over65 operati entro le 48 ore: in media il 59%, contro il 53% del 2022 e il 48% del 2021, ma oltre la metà delle strutture rimane ben al di sotto dello standard del 60% indicato dal Dm 70, e con un’ampia variabilità intra-regionale: le Regioni con le migliori performance sono guidate dal Veneto, bene anche il Lazio con qualche macchia in alcune strutture, e le provincie di Trento e Bolzano. Grandi criticità in Calabria, Liguria, Basilicata, Umbria Molise e Sardegna.
Sono 14 le strutture di eccellenza, valutate con il sistema treemap, che hanno mantenuto in particolare altissimi standard negli ultimi quattro anni con pazienti entrati in camera operatoria entro le 48 ore dal primo accesso e volumi di attività superiori ai 100 casi: Ospedale di Monopoli (Bari), Ospedale Sandro Pertini (Roma), Po San Giovanni di Dio (Agrigento), Ospedale di San Donà di Piave (Venezia), Ospedale San Paolo (Roma), Ospedale di Feltre (Belluno), Po Trigona (Siracusa), Ao San Camillo Forlanini (Roma), Stabilimento di Jesi (Ancona), Irccs Policlinico San Donato (Milano), Ospedale di Venere (Bari), Ospedale di Portogruaro (Venezia), Ospedale Versilia (Lucca), Ospedale Guzzardi (Ragusa).
Al contrario sono 14 le strutture con volumi superiori ai di 100 casi nelle quali i pazienti non entrano in camera operatoria entro le 48 dal primo accesso: Presidio ospedaliero di Matera (Basilicata), PO Sirai (Sardegna), Policlinico Monserrato Cagliari (Sardegna), Fondazione istituto San Raffaele Giglio Palermo (Sicilia), Ospedale civile san Giovanni di Dio Crotone (Calabria), PO Clinicizz. SS Annunziata Chieti (Abruzzo), Ospedale civile di Legnano (Lombardia), Plesso ospedaliero S. Timoteo Campobasso (Molise), Casa di cura Villa dei fiori srl Napoli (Campania), Presidio ospedaliero Nord Latina (Lazio), PO San Martino (Sardegna), PO NS di Bonaria (Sardegna), Ospedale San Paolo Savona (Liguria), Ospedale basso Ionio Catanzaro (Calabria).
Colecistectomia laparoscopica. Indicatore paradigmatico per misurare le performance ospedaliere della chirurgia a bassa complessità, la colecistectomia in laparoscopia associata alla degenza ospedaliere più breve è considerata l’approccio di prima scelta nel trattamento dei casi non complicati di calcolosi biliare.
Dopo la una drastica riduzione dei volumi di attività nel 2020 e una ripresa importante negli anni successivi, il 2023 diventa il miglior anno di sempre, con 101.700 interventi (9mila in più del 2022) che hanno superato il trend prepandemico (+5,2% rispetto al valore atteso). Ma non solo, nel 2023 è aumentata anche la quota degli interventi in Day Surgery: ben 28.666 interventi, pari a 5mila in più rispetto al 2022, e di poco inferiori all’atteso (-3,9%).
È anche cresciuto il numero di strutture ospedaliere che hanno raggiunto o superato la soglia minima dei 100 interventi/anno indicata dal Dm 70: sono 422 strutture rispetto alle 394 del 2022 ), per un volume corrispondente al 91% della casistica complessiva (era 80% nel 2022). Tuttavia 177 strutture non superano l’asticella dei 50 interventi l’anno (per una quota di casistica del 4%).
Area perinatale
Punti nascita Nell’Italia colpita dall’inverno demografico, il numero di parti continua a diminuire nel post-pandemia, seppur in misura minore rispetto al trend prepandemico: 381.766 parti nel 2023, 11.700 meno del 2022.
Circa un terzo dei punti nascita effettuano meno di 500 parti l’anno. Uno scenario nero al quale si aggiunge un’altra criticità: nel 2023 il quadro si è presentato in leggero peggioramento rispetto agli anni precedenti, si è infatti ridotto il numero di strutture che hanno raggiunto la soglia dei mille parti/anno: 136 nel 2023, per un valore corrispondente al 62% dei casi (erano 140 nel 2022), ed è aumentato quello delle strutture sotto l’asticella dei 500 parti/anno: 137 punti nascita nel 2023, in cui si concentra l’8% della casistica nazionale (erano 131 nel 2022). Tutte strutture che in base all’Accordo Stato-Regioni del 2010 avrebbero dovuto chiudere i battenti.
Parti con taglio cesareo altro tallone d’Achille è il ricorso al TC primario, nonostante si sia progressivamente ridotto, passando da una media del 25% nel 2015 al 22% nel 2021, senza che l’emergenza pandemica abbia influito in modo significativo. Nel 2023 la percentuale è in leggera risalita (23%), valori ben lontani dalla soglia del 10-15% indicata dall’Oms.
Come già emerso nelle precedenti edizioni del PNE, si conferma una marcata eterogeneità inter-regionale, con uno spiccato gradiente Nord-Sud e una variabilità intra-regionale. Ad esempio, in alcune regioni Campania, Sicilia, Puglia, Lazio e Lombardia, si contano ancora strutture con percentuali di TC oltre il 40%.
E parlando di ricorso al taglio cesareo, come sempre il privato accreditato spopola.
Appropriatezza in ambito perinatale e variabilità regionale Una valutazione complessiva dell’appropriatezza clinica è possibile attraverso una lettura combinata dell’indicatore Tc con il pregesso TC (VBAC) e la proporzione di episiotomie. È emerso un trend crescente del ricorso al VBAC, anche se con valori ancora complessivamente molto bassi (si è passati dall’8% del 2015 al 12% nel 2023). Di contro, si è fortemente ridimensionato negli anni il ricorso all’episiotomia, più che dimezzata in poco meno di un decennio (dal 24% nel 2015 all’11% nel 2023).
Permane ancora una marcata variabilità inter e intra-regionale nei livelli di appropriatezza clinica, con la presenza di un gradiente Nord-Sud a svantaggio delle regioni meridionali.
Chirurgia oncologica
Tumore maligno della mammella. Nel quadro generale delle performance ospedaliere il fiore all’occhiello sono le Breast Unit: gli interventi per carcinoma mammario dopo il crollo del 2020 hanno fatto registrare un ulteriore incremento nel 2023 con 66.532 ricoveri chirurgici, 2.500 in più rispetto al 2022, e addirittura una crescita del 3,4% (circa 2.200 ricoveri in più) rispetto al trend prepandemico.
Qualità ed efficienza del sistema sono poi confermate dall’elevato numero di strutture con un alto volume: sono 168 (erano 165 nel 2022) quelle con volume di attività uguale o superiore a 150 interventi/anno pari all’85% del totale dei casi trattati (era 84% nel 2022). Prendendo in considerazione la soglia “calmierata” dei 135 interventi/anno sono ben186 quelle che la raggiungono, per un valore di casistica dell’89%.
Rimangono però ancora delle criticità: nonostante dal 2019 si sia ridotto il numero di strutture con meno 50 interventi/anno, ce ne sono ancora ben 201 sotto questa soglia.
Trend in costante crescita per gli interventi chirurgici per il carcinoma del colon, secondo tumore maligno in Italia per numero di ospedalizzazioni: 26.154 ricoveri chirurgici nel 2023 (612 in più rispetto al 2022) e completo riallineamento al trend prepandemico.
Aspetto critico è la frammentazione della casistica in strutture con un numero di interventi basso o molto basso, indicatore negativo per gli esiti di salute: 183 strutture in Italia avevano volumi di attività uguali o superiori ai 50 interventi annui, (il 66% dei casi totali); 207 quelle con 45 interventi/anno (il 71%).
Luci e ombre sul carcinoma del pancreas. L’unico a non aver subito uno stop durante la pandemia. Nel 2023 il numero degli interventi è ulteriormente aumentato (3.053), portandosi al di sopra del valore atteso (+5,5%), un risultato offuscato, evidenziano gli analisti del Pne, dalla grande frammentazione della casistica in strutture con volumi bassi o molto bassi a fronte dell’elevata complessità dell’intervento chirurgico per il quale si richiede grande expertise.
Nel 2023, solo 10 strutture presentavano volumi di attività uguali o superiori a 50 interventi effettuati in un anno (il 45% dei casi totali); 3 quelle con la soglia calmierata pari a 45 interventi.
Le 10 strutture con più di 50 interventi l’anno sono: l’Aou Verona Borgo Roma (Veneto), l’Irccs San Raffaele di Milano (Lombardia), l’Aou Pisana (Toscana), l’Istituto clinico Humanitas di Milano (Lombardia), Casa di cura Pederzoli (Verona), Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma (Lazio), l’Irccs Policlinico Sant’Orsola di Bologna (Emilia Romagna), Aou Padova (Veneto), L’ospedale Ca’ Granda-Niguarda di Milano (Lombardia) e l’ospedale Mauriziano Umberto I di Torino (Piemonte).
L’Audit per il miglioramento della qualità
Il treemap rappresenta uno strumento operativo per identificare aree critiche rispetto alle quali avviare un percorso di audit sulla qualità dei dati e sul percorso clinico organizzativo. Un passaggio strategico per migliorare le performance
Nel 2023 sono stati effettuati 404 audit distribuiti in 239 strutture, prevalentemente concentrati nelle aree cliniche “Gravidanza e Parto” (soprattutto in relazione ai parti vaginali dopo TC e alle episiotomie nei parti vaginali), “Cardiocircolatorio” e “Osteomuscolare”,relativamente alla tempestività degli interventi dopo frattura del femore nei pazienti over 65.
Grazie alle azioni di audit 62 strutture segnalate lo scorso anno, hanno superato le criticità evidenziate.
In particolare, 7 strutture sono passate da un livello molto basso di aderenza a standard di qualità a un livello alto o molto alto:
Ospedale Maggiore C.A. Pizzardi (BO), Azienda Ospedale Università di Padova, Ospedale Di Circolo S. L. Mandic - Merate (LC), Casa di Cura I.N.I. Srl - Grottaferrata (RM), Ospedale Mons. R. Di Miccoli (BT), Ospedale della Valdinievole di Pescia (PT), Ospedale Civile Villa d'agri Marsicovetere (PZ).
Ester Maragò