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Focus on: associazione mifespristone-misoprostolo per induzione dell'aborto: gestione post-procedura

2 Dicembre 2024 - Le “Linee di Indirizzo sull’interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine” aggiornate dal Consiglio Superiore di Sanità e approvate dal Ministero della Salute il 4 agosto 2020 sottolineano l’importanza della presa in carico della persona durante il percorso abortivo, esteso all’aborto spontaneo, dal primo accesso sino alla verifica del successo del trattamento, ivi inclusa la consulenza contraccettiva. La procedura consente di limitare gli accessi in ospedale con indubbi benefici sperimentati durante la pandemia SARS-COV-2, riducendo la pressione sugli ospedali con pieno rispetto dei criteri di sicurezza, appropriatezza ed economicità.

L’OMS ha inserito sin dal 2005 l’associazione “mifepristone-misoprostolo” nella lista dei farmaci essenziali e nel 2019 nella “core list” in cui sono compresi i farmaci che possono essere somministrati in sicurezza senza necessità di assunzione sotto stretto supervisione medica.

Pertanto pur essendo stato rimosso il vincolo all’utilizzo del mifepristone in ambito ospedaliero ed essendo ammessa l’assunzione a domicilio del misoprostolo come in uso nella gran parte degli altri paesi europei l’ammissione al percorso prevede la piena consapevolezza della persona compresa la disponibilità ad effettuare il controllo programmato durante le prime fasi del percorso. La comunicazione, efficace ed empatica, come previsto dalla Legge 219/2017 rappresenta tempo di cura.

Le “Buone pratiche clinico-assistenziali per il trattamento farmacologico dell’aborto” (Raccomandazione n.21) pubblicate a cura della Fondazione Confalonieri Ragonese, su mandato SIGO, AOGOI, AGUI hanno recepito l’appropriatezza e qualità delle indicazioni proposte dalle Linee di indirizzo per la procedura entro i 63 giorni estendendole anche alle successive epoche gestazionali, sia in caso di aborto spontaneo che volontario.

Il controllo post-procedura rappresenta un momento cruciale per la sicurezza e per il vissuto della persona, sia che avvenga in presenza che a distanza (telemedicina). Il controllo viene programmato in ogni epoca gestazionale al termine della procedura (la letteratura suggerisce un follow-up tra 14 e 21 giorni), informando contestualmente la persona sulle condizioni che possano necessitare di valutazione medica urgente. I tempi di follow-up possono variare in relazione al caso clinico così come la necessità di ricorrere ad ulteriore procedura, non necessariamente chirurgica.

Il contatto con l’operatore sanitario garantisce la valutazione clinica, relativa al successo della terapia e alla proposta di soluzioni in caso di mancata o incompleta espulsione, che comprende in sé la valutazione del vissuto della persona, la spiegazione di eventuali esami eseguiti sul materiale abortivo e un adeguato counselling contraccettivo.

In caso di induzione dell’aborto nei primi 63 giorni è fondamentale che la donna esegua il controllo programmato per valutare il successo della procedura e l’assenza di residui abortivi.

In caso di gravidanza evolutiva la persona potrà scegliere se ripetere il percorso farmacologico o essere avviata alla procedura chirurgica. Nel caso in cui decidesse di proseguire la gravidanza sarà opportuno avviarla ad un percorso adeguato per la valutazione delle seppur rare complicanze teratogene, in particolare a seguito dell’assunzione di misoprostolo (es. sindrome di Moebius).

In presenza di residui abortivi sulla base dei sintomi rilevati a seguito della valutazione clinica e della scelta informata della persona potrà essere prevista una condotta di attesa (rivalutazione, in assenza di complicanze intercorrenti, dopo il successivo flusso mestruale), la somministrazione di ulteriori dosi di misoprostolo o procedura di isterosuzione.

In caso di richiesta di IVG, il limite di 63 giorni consente, in seguito al controllo programmato, di poter ricorrere entro i limiti previsti dalla legge ad ulteriore procedura, farmacologica o chirurgica, sebbene in regime di ricovero.

Non vi sono dati di letteratura per definire quale sia lo spessore del materiale endocavitario oltre il quale sia indicato eseguire un’ulteriore procedura terapeutica (Capitolo 2, Raccomandazione 21).

In tutte queste circostanze è cruciale la rete consultorio/ospedale funzionalmente collegato cui la donna possa essere affidata e cui possa rivolgersi personalmente o mediante reperibilità telefonica dedicata.

Il counselling contraccettivo deve essere offerto possibilmente fin dal primo accesso, e comunque durante il controllo post-procedura. Importante comunicare che l’ovulazione può verificarsi già 8-10 giorni dopo un aborto, insieme all’opportunità di accedere in contemporanea ai metodi utilizzabili prima dell’avvenuta espulsione (quali ad esempio impianto sottocutaneo, estroprogestinici o solo progestinico per os) o immediatamente dopo (condom). Nel controllo post procedura l’offerta contraccettiva si estende a tutti gli altri metodi, dalla contraccezione estroprogestinica all’inserimento di dispositivi intrauterini (Capitolo 5, Raccomandazione 21).

La chiusura della relativa scheda ISTAT, con accurata raccolta delle informazioni, rappresenta l’ultima, ma non irrilevante, tappa a conclusione del processo per la comprensione del fenomeno aborto spontaneo/IVG. È di particolare rilievo anche in caso di aborto spontaneo considerando la sempre maggiore età materna e il sempre più frequente ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita.

 


 

 

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