Emicrania. Le donne che ne soffrono a maggiore rischio di infarto e ictus
14 Giugno 2016
L’emicrania colpisce il 20% della popolazione, le donne 3-4 volte più degli uomini. Un vasto studio di coorte sui dati del Nurses’Health Study II che ha coinvolto negli anni 115mila infermiere americane, evidenzia l’esistenza di una chiara correlazione tra emicrania e di rischio di patologie cardiovascolari e di mortalità ad esse correlate. L’emicrania secondo gli autori va dunque considerata un nuovo importante fattore di rischio per patologie cardiovascolari. Non sono noti i meccanismi che collegano l’emicrania a ictus e infarti e dunque non si sa come intervenire per mitigare questo rischio.
L’emicrania è un importante campanello d’allarme per le patologie cardiovascolari nelle donne. Lo suggeriscono i risultati di un vasto studio di coorte prospettico con un follow-up di oltre 20 anni che ha rivelato l’esistenza di uno stretto rapporto tra emicrania ed eventi cardiovascolari, compresa la mortalità per queste patologie. Gli autori dello studio pubblicato sul British Medical Journal invitano dunque i medici a valutare il rischio vascolare nelle donne affette da emicrania, mentre saranno necessari ulteriori studi per individuare le migliori strategie preventive per ridurre il rischio di patologie cardiovascolari in queste pazienti.
Lo studio, condotto da Tobias Kurth dell’Università di Berlino e colleghi dell’Università di Harvard, ha attinto all’enorme coorte del Nurses’Health Study II, costituita da 115.541 infermiere americane di 25-42 anni , senza patologie cardiovascolari o sintomi anginosi al momento dell’arruolamento, che sono state seguite dal 1989 al giugno 2011.
L’endpoint principale dello studio erano le patologie cardiovascolari maggiori (infarto del miocardio, ictus, decesso per patologie cardiovascolari). Gli endpoint secondari erano le varie patologie incluse nell’endpoint primario combinato, considerate singolarmente (infarto, ictus, angina, procedure di rivascolarizzazione coronarica, mortalità cardiovascolare). In questa vasta coorte di donne, il 15,2% (17.531) è risultato affetto da emicrania.
Nel corso dei 20 anni di follow up, si sono verificati 1.329 eventi cardiovascolari maggiori e 223 donne sono decedute a causa di una patologia cardiovascolare. Dopo aver effettuato gli aggiustamenti statistici per eventuali fattori di confusione, l’emicrania è risultata associata ad un rischio di patologie cardiovascolari maggiorato del 50%. In particolare, il rischio di infarto è risultato aumentato del 39%, quello di ictus del 62%, quello di angina/procedure di rivascolarizzazione coronarica del 73%.
Significativamente aumentata tra le donne affette da emicrania è risultata anche la mortalità cardiovascolare (+37%). L’aumento di rischio è stato confermato anche dall’analisi dei sottogruppi (età inferiore o superiore ai 50 anni, abitudine al fumo pregressa/attuale/non fumatrici; ipertensione si/no; terapia ormonale sostitutiva in corso/non in corso; impiego di contraccettivi orali in corso/non in corso).
Si tratta di uno studio importante per il disegno prospettico, la numerosità della popolazione e la durata del follow up. Il principale tallone d’Achille di questo lavoro è il fatto che la diagnosi di emicrania fosse auto-riferita dalle partecipanti, e questo espone al rischio di un’errata classificazione. Lo studio inoltre non distingueva tra emicrania con o senza aura ed è noto che le forme precedute dall’aura sono quelle a maggior rischio di patologia cardiovascolare; infine non sono disponibili informazioni sulla frequenza degli attacchi emicranici.
Ma anche considerati tutti questi limiti, lo studio di Kurth e colleghi evidenzia la presenza di una chiara correlazione tra emicrania e patologie/mortalità cardiovascolare. Una storia di emicrania andrebbe dunque considerata come un marcatore di aumentato rischio di qualunque evento cardiovascolare.
L’emicrania è un disturbo molto comune che si ritiene interessi una persona su cinque nella popolazione generale e che colpisce le donne con una frequenza 3-4 volte superiore rispetto agli uomini. Già in passato l’emicrania, in particolare quella con aura, è stata associata ad un aumentato rischio di ictus, sia ischemico che emorragico. La fisiopatologia dell’emicrania ha stretti legami con il sistema vascolare ma ad oggi non sono noti i meccanismi attraverso i quali questa condizione determina un maggior rischio di ictus. Sono stati chiamati in causa tra l’altro la disfunzione endoteliale, un’aumentata trombofilia, una maggior prevalenza di fattori di rischio vascolari (ipertensione, BMI elevato, ipercolesterolemia) , la presenza di marcatori genetici condivisi, l’infiammazione, ma non è stato definito con precisione il meccanismo causale. Si tratta in ogni caso di meccanismi alla base anche di altre patologie cardiovascolari. Per questo – ritengono gli autori - l’emicrania dovrebbe essere considerata a buon diritto un marcatore di aumentato rischio di qualsiasi evento cardiovascolare.
E naturalmente, considerata l’elevata prevalenza di emicrania nella popolazione generale, qualunque associazione tra emicrania e malattie cardiovascolari potrebbe avere un impatto importante in termini di salute pubblica. Non essendo noti i meccanismi attraverso i quali l’emicrania determina questo aumento di rischio è anche piuttosto difficile intervenire. L’unica cosa che si può fare al momento è lavorare con maggior decisione alla riduzione dei fattori di rischio noti per patologie cardiovascolari nelle donne con emicrania. I risultati della National Health and Nutrition Examination Survey e di uno studio randomizzato suggeriscono inoltre che la somministrazione di statine e di vitamina D sia in grado di ridurre l’entità dell’emicrania, probabilmente grazie al loro effetto anti-infiammatorio. Ma questa è una storia ancora tutta da scrivere.
Maria Rita Montebelli