Il congresso 2019/2. “Stop ai cesarei di routine nelle donne con pregresso cesareo”. Ecco la carta dell’appropriatezza per il parto
30 ottobre 2019 - I ginecologi italiani riuniti a Napoli presentano le loro indicazioni in tema di travaglio, taglio cesareo e clampaggio del cordone ombelicale. Non solo, dal capoluogo partenopeo, per promuovere scelte condivise e consapevoli, arrivano anche le nuove raccomandazioni sull’utilizzo della Contraccezione ormonale. I ginecologi hanno anche ribadito la loro contrarietà a scendere sotto gli standard di sicurezza stabiliti per i punti nascita.
Non clampare precocemente il cordone ombelicale, non eseguire l’episiotomia di routine, non indurre il travaglio prima della 39ª settimana, eliminare il taglio cesareo di routine in tutte le donne con pregresso cesareo. Non obbligare al digiuno e proibire l’assunzione di liquidi alle donne in travaglio.
Sono queste in estrema sintesi le cinque raccomandazioni per contrastare l’inappropriatezza in tema di travaglio, taglio cesareo e clampaggio del cordone ombelicale lanciate dai ginecologi italiani riuniti a Napoli in occasione del Congresso nazionale Sigo, Aogoi, Augui, Agite 2019 che si è chiuso a Napoli il 30 ottobre.
Un Congresso, ha ricordato Antonio Chiàntera, Co-presidente della kermesse, che vede la partecipazione di circa 1.500 discenti e 500 docenti.
“Abbiamo voluto portare Il congresso nazionale dei ginecologi nel cuore di Napoli – ha detto – un motivo di orgoglio non solo per la nostra città, ma per i robusti contenuti scientifici che vengono trattati. Penso alle potenzialità contenute nello studio sulla placenta una sorta di ‘scatola nera’ di tutta la gravidanza che stiamo conducendo e che ci consentiranno di capire di più sulle morti intrauterine, di individuare le cause di patologie del feto e magari di poter predire come la donna arriverà alla terza età. L’obiettivo è poter dare alle donne una certezza maggiore per il futuro”.
Le Cinque indicazioni hanno l’obiettivo di realizzare un’assistenza ostetrica appropriata, sicura e ossequiosa delle donne, che tutela la maternità e contrasta l’eccessiva medicalizzazione della gravidanza e del parto. Un obiettivo in linea con questo il progetto “Choosing Wisely Italy – Fare di più non significa fare meglio”, lanciato in Italia nel 2012 da Slow Medicine, al quale l’Aogoi (Associazione Ginecologi Ospedalieri Italiani) ha aderito andandosi così a posizionare nella rete di professionisti e cittadini che sostiene una cura sobria, rispettosa e giusta, che si fonda sul dialogo tra medici e pazienti.
“Come ricorda l’Oms – afferma Elsa Viora, Presidente Aogoi – la gestazione e il parto sono esperienze che vanno vissute con serenità e, in presenza di una gravidanza fisiologica, vale a dire senza fattori di rischio, vanno medicalizzate il meno possibile. Il travaglio e il parto sono, senza dubbio, circostanze delicate dal punto di vista emotivo, in cui, più di altre, la donna ha bisogno di sentirsi protetta, rassicurata e rispettata. Questo è l’impegno profuso quotidianamente dagli operatori sanitari, medici ginecologi ed ostetriche, coinvolti nel percorso nascita e parto, che si fonda sul dialogo, la fiducia e la relazione empatica costruita nel tempo con la donna, necessari per giungere a scelte informate e condivise”.
Ma vediamo nello specifico le Raccomandazioni messe a punto dall’Aogoi:
1. Non clampare precocemente il cordone ombelicale: i ginecologi raccomandano di aspettare almeno un minuto prima di tagliare e legare – tecnicamente clampare – il cordone ombelicale, perché in questo modo si favorisce il passaggio di sangue dalla placenta al feto, rinforzando le scorte di ferro del neonato e riducendo il rischio di colite necrotizzante, malattia gastrointestinale che può rivelarsi fatale. Il taglio tardivo non comporta maggior rischio di emorragia post partum nella donna e consente di ridurre la mortalità nei neonati ad alta prematurità (prima di 32 settimane).
2. Non eseguire l’episiotomia di routine: secondo i ginecologi, l’episiotomia, l’incisione del perineo effettuata nel momento finale del travaglio per favorire il passaggio del bambino, è una pratica sovrautilizzata senza vantaggi per la donna, poiché richiede l’applicazione di punti di sutura che possono provocare dolore, rischio di infezione, difficile ripresa dei rapporti sessuali. Per questi motivi, è raccomandato il ricorso all’episiotomia solo in presenza di complicanze, ad esempio per accelerare l’espulsione in caso di sofferenza fetale.
3. Non procedere all’induzione del travaglio di parto prima di 39 settimane: l’induzione del travaglio, precisano i ginecologi, medicalizza un evento del tutto fisiologico, e, in più, può causare effetti avversi come l’aumento di tagli cesarei. Pertanto, l’induzione è raccomandata solo quando il proseguimento della gravidanza può comportare un reale pericolo per il feto o per la madre.
4. Non programmare il taglio cesareo di routine in tutte le donne con pregresso taglio cesareo: i ginecologi smentiscono la regola “una volta cesareo sempre cesareo”, in quanto priva di basi scientifiche. Al contrario, le donne con pregresso cesareo ammesse al travaglio di parto hanno un rischio di mortalità minore (3 vs 13 su 100mila) rispetto alle donne sottoposte a cesareo programmato.
5. Non obbligare al digiuno e proibire l’assunzione di liquidi alle donne in travaglio: i ginecologi precisano che, nelle gravidanze fisiologiche, l’assunzione di liquidi non è controindicata e non aumenta il rischio di complicanze in caso di ricorso ad anestesia generale durante il parto.
I ginecologi hanno anche ribadito la loro contrarietà a scendere sotto gli standard di sicurezza stabiliti per i punti nascita. “Nel 2018 oltre 77mila donne hanno partorito in ospedali sotto gli standard richiesti dei 500 parti annui – ha detto Viora – quindi in situazioni in cui i requisiti minimi non sono osservati. C’è dunque ancora un grande problema organizzativo ecco perché come società scientifica ci siamo attivati con il Ministero della Salute per portare l’attenzione su queste criticità. Ma bisogna rilevare che le donne sono comunque attente, nonostante il15% dei punti nascita non abbia i requisiti richiesti solo il 5% delle va partorire in ospedali sub standard. Questo significa che le donne sono pienamente consapevoli di doversi rivolgere a ospedali che offrono garanzie di sicurezza”.
Stilate le nuove Raccomandazioni sulla contraccezione ormonale. Scelte condivise coinvolgono le donne e i ginecologi anche in fatto di contraccezione ormonale, ambito in cui l’Italia vive una delle sue contraddizioni: siamo fanalino di coda in Europa per l’uso di contraccettivi (16,2% vs media europea del 21,4%) e al tempo stesso abbiamo l’indice di natalità più basso al mondo dopo il Giappone. Anche per rispondere all’esigenza di maggiori informazioni e counseling, le società scientifiche di Ginecologia hanno stilato le nuove Raccomandazioni sulla contraccezione ormonale, presentate oggi per la prima volta.
“Nonostante abbiamo a disposizione molteplici strumenti di controllo della fertilità all’insegna del benessere, della salute e della sicurezza delle donne – commenta Antonio Ragusa, Presidente della Fondazione Confalonieri Ragonese dell’Aogoi – mancano una cultura della contraccezione e un adeguato counseling contraccettivo da parte dei diversi professionisti sanitari che si interfacciano con la donna nel corso della sua vita fertile”.
Le Raccomandazioni rappresentano il primo documento sistematico in lingua italiana sulla contraccezione ormonale, che ha l’ambizione di voler parlare a molteplici stakeholder - donne e ginecologi, ma anche specialisti di altre discipline, Medici di Medicina Generale, operatori sanitari - attraverso contenuti scientificamente validati ma esposti con un linguaggio semplice e comprensibile. “Le parole chiave sono dialogo e personalizzazione – aggiunge Ragusa. Dialogo, perché più il ginecologo è disponibile ad ascoltare e spiegare, più le donne aderiscono alla contraccezione in maniera consapevole e soddisfatta. Personalizzazione, perché non esiste un contraccettivo per tutte le donne, ma quello giusto per ogni donna, che risponde alle personali esigenze di salute (presenza di specifiche condizioni patologiche) e di vita”.
La campagna “Scegli Tu!”. Anche la Rete e i social possono rappresentare un utile strumento di informazione, soprattutto nei confronti delle giovanissime che si affacciano per la prima volta alla sessualità e alla contraccezione.
“La Sigo è da anni impegnata a favore di una contraccezione consapevole, con l’obiettivo di proteggere le giovani generazioni dalle gravidanze indesiderate, dai rischi legati alle malattie sessualmente trasmesse e preservare la fertilità futura. Da oltre dieci anni abbiamo avviato un progetto dedicato a questo tema, la campagna “Scegli Tu!”, un ecosistema digitale che comprende un sito web, profili Facebook e Twitter e canale YouTube, pensato per offrire una corretta informazione e sfatare pregiudizi in materia di contraccezione e salute della donna – ha spiegato Viora, che coordina il progetto “Scegli Tu!” – e i numeri ci danno ragione: da gennaio a metà ottobre 2019, solo il sito web ha registrato 200mila visualizzazioni e 450mila pagine viste. Quasi 1 utente su 3 ha consultato l’area ‘Parla con l’esperto’, a dimostrazione di quanto le donne siano alla ricerca di un’informazione chiara e soprattutto credibile”.