Associazione dei Ginecologi Italiani:
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Aborto volontario ripetuto

5 Luglio 2016

Non v’è dubbio che l’aborto ripetuto è un fenomeno molto importante all’interno della abortività volontaria (IVG, interruzione volontaria di gravidanza) in ogni paese del mondo, Italia inclusa, pur con delle incidenze variabili da nazione a nazione. Ed è certamente uno dei fenomeni più studiati da più punti di vista: la numerosità, l’andamento in una serie di anni, le cause, la possibilità di limitare tali cause o addirittura eliminarle, le sue possibili complicazioni, i suoi riflessi sulla organizzazione sanitaria e sui costi per il sistema sanitario nazionale e per le singole persone.

La figura dell’aborto volontario in Italia in questi ultimi anni ha avuto un andamento numerico in riduzione, e nel 2014 il numero delle I.V.G. è sceso per la prima volta al di sotto delle 100.000 unità, collocandosi a 97.535 (dato provvisorio) con un decremento del 5,1% rispetto al dato definitivo nel 2013 (105.770 casi), e con un dimezzamento rispetto ai dati del 1982 (234.801 casi), come da relazione del ministero della salute che in ottobre 2015 ha pubblicato i dati definitivi del 2013 e quelli provvisori del 2014. La percentuale di aborti volontari ripetuti nel 2013 si colloca al 26,8% delle donne che hanno abortito (38,0% nelle cittadine straniere; 20,9% nelle cittadine italiane). Tale percentuale, oltre ad essere sostanzialmente stabile dal 1990, è la più bassa a livello internazionale.

Le cause della ripetitività vanno ricercate in una maggiore fragilità di questo gruppo di donne rispetto alla popolazione generale delle donne che abortisce. Vi può incidere lo status economico e sociale, la scolarità solitamente più bassa, la mancanza di supporto a livello familiare, la mancata o scarsa conoscenza dei metodi anticoncezionali oppure la difficoltà all’approccio, talora l’atteggiamento di sfida rispetto ai fenomeni riproduttivi.

Le possibili complicazioni di un atteggiamento ripetitivo sono certamente in prima istanza i costi per il sistema sanitario nazionale, facilmente calcolabili con semplici tabelle, ma anche e soprattutto i costi personali e sociali, più difficilmente quantificabili, delle complicazioni legate alla procedura e delle sofferenze psichiche e fisiche che vi possono essere correlate. Possono anche esservi, sia pure in modesta percentuale, dei riflessi negativi  sulle gravidanze future.

Se in Italia il costo medio di un DRG per l’interruzione volontaria di gravidanza e’ valutato attorno ai € 1300, alcune semplici operazioni matematiche ci permettono di stimare i costi attribuibili direttamente al sistema sanitario nazionale. Se la numerosità degli aborti ripetuti si colloca attorno ai 30.000 casi/anno negli ultimi tre anni di cui conosciamo i dati definitivi (2011, 2012, 2013 , si può tranquillamente calcolare che la spesa annua diretta per il sistema sanitario è stata di 39 milioni di €, il che significa 117 milioni di € in tre anni. Una spesa enorme che si potrebbe in gran parte ridurre con investimenti molto minori in progetti di prevenzione della ripetitività dell’aborto.

A ciò vanno aggiunti comunque anche i costi personali, legati alle perdite di giornate lavorative o di giorni scolastici, ai trasporti, alla logistica familiare.

I modi per limitare il fenomeno possono essere molti, e dati gli elevati costi del sistema sanitario nazionale correlati alla ripetitività, molti di questi costi potrebbero essere affrontati dal sistema sanitario, sia attraverso opportune modalità di informazione sulla prevenzione, sia attraverso la disponibilità sugli strumenti atti ad attuare questa prevenzione. In questo senso i metodi anticoncezionali sono certamente un importante strumento. In particolare lo sono i LARC (long acting reversible contraception), metodi utilizzabili nel lungo periodo, da tre a cinque anni, dopo la loro applicazione nella cavità uterina o dopo l’inserimento nel sottocute dell’arto superiore non dominante. Di questo dovrebbero essere più consapevoli i ginecologi nella loro attività quotidiana e dovrebbero esserlo i gestori della sanità pubblica, dal Ministro della salute agli Assessori regionali alla sanità ai responsabili locali.

Su questa linea l’AOGOI, la associazione degli ostetrici ginecologi ospedalieri, ha lanciato un suo “Studio osservazionale prospettico sull’adeguatezza percepita dalla donna del counseling contraccettivo nel post interruzione volontaria di gravidanza”, progetto su cui sta attualmente impegnando le sue strutture e i suoi affiliati.

 

Emilio Arisi
Presidente SMIC (Società Medica Italiana per la Contraccezione), affiliata ad AOGOI

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