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Focus on: gestione farmacologica dell'aborto dopo il primo trimestre

1 ottobre 2024 - Le “Buone pratiche clinico-assistenziali per il trattamento farmacologico dell’aborto” (Raccomandazione n.21) sono state pubblicate a cura della Fondazione Confalonieri Ragonese, su mandato SIGO, AOGOI, AGUI.

Prenderemo di seguito in esame gli aspetti di maggior interesse relativi all’induzione dell’aborto, spontaneo o volontario in epoca gestazionale oltre i 90 giorni (Capitolo 3):

  1. comunicazione;
  2. terapia farmacologica e uso off-label;
  3. insuccesso della terapia;
  4. destino del feto.

1. Comunicazione

La necessità di ricorrere all’induzione farmacologica dell’aborto in epoche gestazionali oltre il primo trimestre è sempre dettata da eventi negativi, spesso inattesi, con grande impatto psicoemotivo sulla persona/coppia.

In conformità a quanto previsto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e alla definizione dello stato di salute promulgata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità intesa come “condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l'assenza di malattia o infermità” la Legge 219/2017 dettante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” valorizza la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico, il diritto all’informazione completa, aggiornata e comprensibile e sancisce che il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura. In tutti i servizi deve essere garantita adeguata formazione di tutto il personale coinvolto nel processo assistenziale in questa specifica circostanza. Fin dall’atto dell’accoglienza che nelle successive fasi del percorso è fondamentale offrire alla persona/coppia informazioni adeguate per un consenso consapevole (Capitolo 3, pagg. 45-50).

 

2. Terapia farmacologica e uso off-label

Il regime farmacologico raccomandato prevede l'uso combinato di mifepristone e misoprostolo (Capitolo 1 e Capitolo 3, pagg.53-55, Tab. 3.4 pag. 56)

Mifepristone:
Il Mifepristone agisce principalmente attraverso i seguenti meccanismi:

  1. Blocco del Progesterone.
  2. Dilatazione e Ammorbidimento della Cervice.
  3. Potenzia l'Efficacia del misoprostolo (Il mifepristone prepara l'utero a rispondere più efficacemente al misoprostolo)

 

Misoprostolo:

    • Il misoprostolo contribuisce all’ammorbidimento della cervice uterina e induce contrazioni uterine, provocando l'espulsione del contenuto uterino.

L'uso off-label dei farmaci si riferisce all'uso di farmaci in modi e per indicazioni diversi da quanto specificamente indicato in scheda tecnica. L'uso off-label dei farmaci può essere autorizzato dall’AIFA con determine pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e/o sulla base di raccomandazioni dell’OMS, società scientifiche internazionali e nazionali, evidenze scientifiche e epidemiologiche. La somministrazione off-label di un farmaco prevede informazione e sottoscrizione del consenso informato prima della sua assunzione.
A ciò si aggiunge la dichiarazione di assunzione di responsabilità del medico prescrittore qualora le circostanze e modalità di uso non rientrino in quanto previsto dalla scheda tecnica né da determinazioni AIFA (Appendice 2).

Oltre i 90 giorni l’uso del mifepristone trova indicazione in scheda tecnica “Preparazione all’azione degli analoghi della prostaglandina nell’interruzione terapeutica della gravidanza (oltre il primo trimestre)” al dosaggio di 600mg, attualmente in commercio in Italia. Il dosaggio suggerito a livello internazionale è 200 mg. L’efficacia clinica è sovrapponibile. Risultano diversi i costi e la disponibilità in commercio nelle varie nazioni.

L’uso del misoprostolo in -label è previsto per uso esclusivamente orale, entro i 49 giorni.
Il misoprostolo in Italia oltre i 90 giorni non trova riscontro in scheda tecnica, né in determinazioni AIFA. Deve pertanto essere utilizzato off-label con sottoscrizione del consenso informato e dichiarazione di assunzione di responsabilità del medico prescrittore (Appendice 2 e Tab. A2.2 pag.83).
Il dosaggio è 400mcg, può essere ripetuto a distanza di 3 ore, salvo altra valutazione clinica, sino all’espulsione (Capitolo 3, pagg.53-55,Tab. 3.4 pag. 56). La sospensione deve essere valutata caso per caso tenendo conto esclusivamente delle condizioni cliniche ed emotive della persona interessata prevedendo tempi e modalità di ripresa della terapia.
Oltre i 90 giorni si raccomanda che la procedura venga eseguita in strutture ospedaliere pubbliche o case di cura autorizzate con adeguate competenze e risorse umane e strumentali per il maggior rischio di insuccesso di un singolo ciclo di terapia farmacologica e di possibili complicanze rispetto ad epoche gestazionali più basse.

La Tabella che segue riporta il riferimento alle Determinazioni AIFA, non esime da una loro conoscenza all’atto di stilare percorsi, protocolli, procedure locali. Tratta dalle Raccomandazioni n. 21

4. Destino del feto

Può accadere che venga posto in secondo piano rispetto alle procedure cliniche l’impatto emotivo che possono avere le procedure relative al destino del feto.
Si raccomanda che a livello locale sia chiaro per tutto il personale coinvolto nel processo di induzione dell’aborto quanto previsto dalla legge e richiesto dalla persona/coppia per il feto, una volta avvenuta l’espulsione. Sia in termini di eventuali accertamenti di tipo morfologico, genetico, anatomo-patologico, che di inumazione/seppellimento, quando previsti e/o richiesti dalla persona/coppia. Apposite procedure aziendali devono essere predisposte nel rispetto del lutto che può derivare dall’evento. Da proscrivere termini quali “smaltimento” del feto che per la persona/la coppia rappresenta comunque un progetto di genitorialità disatteso (Capitolo 3, pagg 50 e 53).

 

3. Insuccesso della terapia

Il successo della terapia dipende dalle caratteristiche della persona (età, parità, suscettibilità e tollerabilità individuale, etc.), esperienza degli operatori in particolari condizioni che impongano maggiore prudenza (esempio in presenza di pregresse cicatrici uterine) e in alcune circostanze anche problemi organizzativi. Cicli ripetuti conducono all’espulsione fetale. In taluni casi e in condizioni di adeguato monitoraggio e adeguate competenze si può ricorrere all’uso del sulprostone prima di ricorrere a procedure chirurgiche gravate da un alto grado di invasività quanto più avanzata è l’epoca gestazionale (Capitolo 1, Capitolo 3 pagg. 53-54,3).

 

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