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Gravidanza. Con esposizione a PFAS rischio obesità e problemi cardiaci negli anni

13 settembre - Un nuovo studio conferma il legame tra esposizione ai PFAS in stato di gravidanza e sviluppo di obesità e patologie cardiache nel corso degli anni. Le gestanti con una maggiore quantità di questi interferenti endocrinini nel sangue vedono aumentare il rischio di peggiorare la propria salute cardiometabolica in particolare negli anni della piena maturità. Lo studio è stato pubblicato dal The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.

Le donne che, durante la gravidanza, mostrano livelli più elevati di sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS) nel sangue potrebbero subire un aumento di peso a lungo termine e avere problemi cardiaci negli anni della piena maturità. L’evidenza emerge da uno studio pubblicato su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism da un team guidato da Jordan Burdeau, della Harvard T. H. Chan School of Public Health di Boston (USA).

I PFAS sono sostanze chimiche sintetiche che si trovano in molti prodotti di uso comune come imballaggi alimentari, pentole, vestiti e prodotti per la cura della persona. Sono interferenti endocrini; pertanto possono determinare problemi di salute come obesità, infertilità e cancro.

Per l’indagine in questione, i ricercatori hanno studiato 547 donne incinte all’inizio dei loro 30 anni, confrontando i livelli di PFAS durante la gravidanza con gli esiti sulla salute cardiometabolica a 50 anni. Il team ha scoperto che le donne con livelli più alti di PFAS nel sangue durante la gravidanza avevano un maggiore peso e più grasso corporeo a 50 anni, che le rendeva maggiormente predisposte all’obesità e ai problemi di salute cardiaca negli anni a seguire.

Questo studio, afferma il team leader Jordan Burdeau. “supporta l’idea che la gravidanza possa essere un periodo sensibile all’esposizione ai PFAS. È importante, quindi, cercare di limitare l’esposizione a queste sostanze per ridurre potenzialmente il rischio di problemi di salute in età avanzata”.

Fonte: The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 2024

 

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