Associazione dei Ginecologi Italiani:
ospedalieri, del territorio e liberi professionisti

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L'Associazione 1948 - 1957

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Il giorno 4 gennaio 1948, nei locali dell'Ordine dei Medici di Genova, il Prof. Fortunato Montuoro insieme a un gruppetto di una decina di ginecologi, dà vita all'Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani.

L'AOGOI si presenta con un Proclama dagli obiettivi chiari e condivisi:

  • realizzare un'associazione di medici specialisti del tutto volontaria e senza alcun fine di lucro,
  • dare visibilità a una comunità scientifica difendendone nel contempo gli interessi di categoria.

Queste necessità sono a tal punto sentite dagli associati da essere inserite nel primo statuto approvato dall'Assemblea Generale dei soci che si svolse a Bologna il 13 ottobre 1948. Purtroppo il Montuoro viene nel frattempo a mancare e l'Assemblea elegge come presidente il Prof. Gaetano Dossena e segretario-tesoriere il Prof. Emilio Giudici.

Nel settembre del 1949 la AOGOI entra nel novero delle associazioni ufficialmente riconosciute dal Presidente della Repubblica.

Per lunghi anni la società non ha vita facile: i soli introiti sono quelli derivanti dalle quote associative. La AOGOI non può permettersi una sede stabile, per cui le riunioni si tengono nell'Ospedale in cui lavora il presidente di turno, le Assemblee nell'ambito del congresso della SIGO; nessuna segretaria, nessun archivio, solo un notiziario che compariva di tanto in tanto sulla «Rivista di Ostetricia e Ginecologia Pratica» gestita da Ersilia Cuffaro Montuoro, figlia del Prof. Montuoro.

Ma le difficoltà iniziali non sono un ostacolo: i medici della AOGOI chiedono che l'esercizio dell'ostetricia e ginecologia negli ospedali avvenga in reparti autonomi, appositamente costituiti e diretti da specialisti. Un visione radicalmente innovativa dell'assistenza ostetrica che l'associazione rivendica con tenacia.

Il presidente Gaetano Dossena, nell'assemblea ordinaria de 20 settembre 1953, così sintetizza il senso di appartenenza all'Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani: «La nostra opera di vigili tutori della maternità non può esaurirsi fra le mura delle nostre corsie; noi dobbiamo occuparci con passione di tutti i problemi sociali che interessano la maternità perché, solo con una visione ampia dei nostri compiti noi potremo far progredire la nostra specialità e imporla là dove sembra trovare i maggiori ostacoli».

«L'assistenza ostetrico-ginecologica ospedaliera deve essere affidata esclusivamente a specialisti. Noi ci batteremo affinché negli ospedali dei capoluoghi di provincia vengano istituiti reparti ostetrico-ginecologici autonomi affidati a un primario specialista. E la nostra battaglia sarà combattuta soprattutto in quelle zone del paese in cui l'assistenza è più carente che altrove, come il meridione e le isole».

Ma ogni ipotesi di riforma si scontra con un ostacolo insormontabile: gli enti mutualistici infatti non concedono il ricovero per il parto fisiologico. Il ricovero è concesso solo in presenza di una distocia già in atto e tale da richiedere un intervento operativo.

L'ospedalizzazione sistematica di tutte le gravide fin dall'inizio del travaglio diventa il più importante obiettivo di giustizia sociale e di cultura sanitaria che i medici della AOGOI si prefiggono di raggiungere; per anni le loro voci rimangono inascoltate.

Nel 1954 il Consiglio Nazionale della Confederazione Italiana Medici Ospedalieri accogliendo le richieste della AOGOI chiede:

  • che sia riconosciuto il diritto al parto ospedaliero a tutte le donne che lo desiderino o che non possono per deficienza di ambiente o di assistenza partorire a domicilio;
  • che ai sanitari ospedalieri sia corrisposto il pagamento del parto normale, perché la partoriente eutocica deve essere considerata alla stessa stregua di ogni altra ammalata ricoverata in ospedale;
  • che alla dizione di "parto operativo" sia sostituita quella di "parto distocico o operativo" più esatta e comprensiva di tutte le anomalie che possono insorgere nel travaglio e che richiedono l'opera del medico indipendentemente dall'intervento operativo.

Ma nel 1955, in fase di rinnovo delle convenzioni mutualistiche, la richiesta del ricovero sistematico di tutte le donne fin dall'inizio del travaglio è di nuovo rigettata dagli istituti previdenziali. È in questa circostanza che il Presidente Dossena, ancora una volta, eleva la sua vibrata protesta: «La distinzione ai fini del ricovero fra parto eutocico e parto distocico deve cadere perché, sappiamo bene che ogni parto può diventare distocico e richiedere un intervento operativo. L'ostetricia infatti deve essere considerata una branca chirurgica e non medica. È una grave ingiustizia sociale che la possibilità per una madre di ricevere una adeguata assistenza nel momento delicatissimo della nascita del suo bambino sia condizionata dal reddito familiare».

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